In una sola giornata da palazzo Chigi sono arrivate novità su Alitalia, ex Ilva, semplificazioni e persino, attraverso la presidenza della Camera, rassicurazioni sulla...
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Conte rischia di pagare il prezzo dello stallo che evitò di saldare nell’agosto scorso attribuendo alla Lega di Salvini molte delle responsabilità che erano altrove. Dopo quasi un anno la geografia interna al grillismo è ancor più frammentata producendo una debolezza che si scarica sul premier e che contagia anche il segretario del partito che undici mesi si sostituì alla Lega e che promise un cambio di passo promettendo di cambiare anche alcune riforme, giudicate «nefaste», della stagione sovranista. Ed invece, dopo aver votato, in quarta lettura, il taglio dei parlamentari, il Pd di Nicola Zingaretti si scopre a mani vuote. La cancellazione della prescrizione, made in Bonafede, è ancora in piedi così come i decreti sicurezza, mentre i cantieri sono fermi. Ed è forse questa la subalternità che non vuole il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Non solo, Conte non riesce a diventare leader di quella “maggioranza Ursula” che avrebbe dovuto ridefinire gli assetti di un nuovo centrosinistra e sul quale il Pd di Zingaretti ha puntato preferendo che rimanesse lui a palazzo Chigi piuttosto favorire l’ascesa di Luigi Di Maio.