Salvini e la Lega tra governisti e movimentisti: il difficile «mix» del Capitano

Le due facce della Lega di Salvini

Salvini e la Lega tra governisti e movimentisti: il difficile «mix» del Capitano
Ci ha provato a fare la sintesi, ad ascoltare tutti e poi decidere cercando di non scontentare nessuno. Stavolta, sul caso Durigon, Matteo Salvini non ha potuto far altro che...

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Ci ha provato a fare la sintesi, ad ascoltare tutti e poi decidere cercando di non scontentare nessuno. Stavolta, sul caso Durigon, Matteo Salvini non ha potuto far altro che assecondare l’ala governista del Carroccio che fa capo soprattutto a Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia, opponendosi a quella più oltranzista. Anche sulla scia di queste pressioni Durigon sarà probabilmente costretto a fare un passo indietro, un modo per evitare anche l’imbarazzo al partito di subire una mozione di sfiducia in vista della riapertura della Camera il prossimo 6 settembre. Una Lega che sembra ormai avere sempre più la conformazione di due partiti in uno: quello di lotta e quello di governo, uno no vax e l’altro che apre ai Green pass, quello no euro e poi quello che in Europa ci va per dialogare. Sono “i due partiti” che si sono divisi anche sul caso Durigon: tra chi spingeva per resistere e chi invece riteneva le dichiarazioni del sottosegretario inconciliabili con il governo Draghi. E Salvini ha provato e prova ancora a stare nel mezzo cercando di tenere tutto e tutti dentro. Parlare ora di malcontento nei confronti di Salvini da parte soprattutto della componente veneta e moderata della Lega è eccessivo, tanto più se i risultati elettorali che hanno fatto balzare il Carroccio dal 4% di soli pochi anni fa a sfiorare il 30%, danno ragione nei fatti al segretario. Che però ci sia qualche insofferenza per i tanti esponenti che in pochi anni hanno scalato posizioni di vertice nel partito pur avendo posizioni contrastanti ed eccessive rispetto ad un movimento che aspirerebbe a governare il Paese è evidente. 

E l’ultimo caso, quello di Claudio Durigon, viene fatto pesare all’interno del Carroccio soprattutto dall’ala governista e dai leghisti della prima ora. Durigon è tra quelli che per i leghisti storici è considerato una sorta di “anomalia”: eletto per la prima volta alle elezioni politiche del 2018, subito è stato promosso come sottosegretario nel governo gialloverde di Giuseppe Conte e, poi, confermato nel cruciale ministero dell’Economia nell’esecutivo Draghi. Non poteva essere altrimenti secondo Salvini dal momento che Durigon può definirsi anche il simbolo dell’avanzata del Carroccio al Centro-Sud, l’ex sindacalista dell’Ugl ha contribuito in maniera preponderante a fare della Lega il primo partito del centrodestra nel Lazio. É quella Lega faticosamente costruita da Matteo Salvini che prova a tenere tutto dentro, comprese le istanze nordiste e le spinte meridionaliste. Anche sulle possibili dimissioni del suo sottosegretario, Salvini ha provato ad ascoltare tutti, pure l’ala più barricadera e oltranzista del partito formata da una nutrita schiera di parlamentari – tra questi i no vax e no euro Claudio Borghi e Alberto Bagnai – che avevano consigliato al segretario di non mollare. Il segretario del Carroccio ha provato a restare in trincea, escogitato diversivi come ventilare una possibile mozione di sfiducia contro il ministro dell’Interno Lamorgese, ma poi ha dovuto prendere atto che l’accerchiamento da parte degli altri partiti che sostengono il governo contro Durigon era diventato difficile da contrastare. Ieri anche un esponente di primo piano e generalmente inserito tra i “duri e puri”, tra i vicinissimi a Salvini, come Stefano Candiani ha dovuto ammettere che le parole di Durigon «sono state infelici», pur precisando che sono state poi utilizzate «per attaccare la Lega». 

Dal canto proprio Matteo Salvini non ci sta a passare per una sorta di estremista come spesso viene additato persino dall’interno del suo partito. Anche per questo il segretario della Lega rivendica la recente investitura ricevuta da Silvio Berlusconi e - per smentire qualche critica - lavora pure al progetto del partito unico del centrodestra o, comunque, alla federazione con un partito moderato ed europeista come Forza Italia. Prima però dovrà unire i “due partiti” che, di fatto, si sono creati all’interno della sua Lega.

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Il Mattino