Nei corridoi di Porta Pia si misurano i passi da qui alle Europee con una certa angoscia: c'è ormai la ragionevole certezza che alla fine di maggio per Danilo Toninelli...
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Lo strappo più profondo con i vertici del M5s, si sarebbe consumato al tempo della Tav. «Di Maio gli aveva chiesto raccontano al Mit - di produrre un dossier alternativo, e invece Danilo non ha provveduto. Non è un caso che poi Conte lo abbia commissariato». Ma nel mirino è finito anche l'analisi costi-benefici. «Un pasticcio: si voleva dimostrare che la Tav non serviva, e invece con la storia delle minori accise sul gasolio abbiamo fatto autogol: pensare che nell'analisi dei costi, è stata omesso persino l'impatto di Ires e Irap che le imprese avrebbero versato allo Stato pur di forzare la mano». «Sappiamo bene come andrà a finire svela una fonte interna il premier Conte sbloccherà l'opera dopo le Europee, dopo aver strappato condizioni di favore dall'Unione e da Macron». Profondo ma non decisivo lo strappo sulla Tav. A far scattare davvero la tagliola per Toninelli sarebbe stata infatti un'altra vicissitudine più recente: il via libera al passante di Bologna, che ha scatenato l'ira del plenipotenziario locale Massimo Bugani. «Non parliamo di uno qualsiasi, ma di un membro dell'associazione Rousseau. Inutile dire che è stato come fare lo sgambetto al patron Casaleggio jr.», raccontano al Mit. Dove si ricorda con amarezza anche il pasticcio dei seggiolini per i bebè. «L'obbligo doveva partire da quest'estate, ma il ministro si è scordato di fare il decreto».
La Tav, il Passante di Mezzo. Se da mesi Toninelli è sulla graticola è per via delle grandi opere ferme al palo. Per uscire dall'angolo il ministro ha rilanciato di recente lo «sblocca cantieri». Che però a Porta Pia viene liquidato come un grande bluff. «Leggetelo, non sbloccherà niente, eccetto la Lioni-Grottaminarda. È una scatola vuota, si scarica alle regioni la responsabilità di realizzare le infrastrutture, in modo da addebitare ai governatori la paralisi dei cantieri che continuerà a regnare sovrana».
Ma che cosa ne è delle analisi costi-benefici su decine e decine di grandi opere? La risposta che arriva dal Mit è raggelante: «Finora non si è mai lavorato a nessun dossier, a quanto ci risulta non esiste neppure un elenco delle opere da sbloccare». I motivi di tanto ritardo, andrebbero rintracciati nella «disorganizzazione e incompetenza» che avvolge il ministero. «Toninelli si è circondato di soli avvocati e non presiede mai le riunioni tecniche: ci manda i segretari dei suoi segretari». E c'è poi il caos dei capi dipartimento del ministero. «Una sciagura, chi è esperto di porti si occupa di strade, chi è esperto di strade di porti e così via: che ci voleva a sfruttare al meglio le competenze?», si mormora al Mit. «Il punto è che il ministro è molto intelligente, preparato in fatto di giurisprudenza, ma poco in confidenza con le cose tecniche e troppo narciso: si interessa troppo ai post e alla comunicazione sui social, e poco ai nodi del Paese. E ascolta solo gli yes-man». Intanto l'orologio ticchetta inesorabile. Al Mit si attende rassegnati il cambio della guardia. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino