Nuova giornata di tormenti, sospetti e tensioni per Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Nelle ore in cui il governo giallo-verde compie il primo passo concreto con l'incarico a...
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Poco prima che Conte salga al Quirinale, Savona fa sapere di essersi dimesso dal fondo lussemburghese Euklid «per sopraggiunti impegni pubblici». Sembra il via libera. Invece è solo un azzardo, una mossa che sul Colle viene vista come uno sgarbo, un modo per imporre la decisione di Salvini. La prova: dopo pochi minuti comincia il tam tam di fonte grillina: Savona non andrà all'Economia, il suo posto sarà preso dal leghista Giancarlo Giorgetti, stimato al Quirinale e noto per la sua capacità di mediazione. Salvini ringhia: «Se è davvero così salta tutto». Di Maio fa il pesce in barile: «Matteo dice che la presenza di Savona è vincolante per il futuro del governo? Non mi risulta».
La tensione monta. Il capo della Lega fa recapitare a Di Maio due minacce. La prima: se Savona non sarà ministro, vorrà dire che non lo saranno neppure Giampiero Massolo e Enzo Moavero Milanesi. Il primo indicato agli Esteri e il secondo agli Affari europei. Spiegazione: senza l'economista no-euro manca equilibrio della squadra di governo, sparisce il contrappeso euroscettico ai due europeisti scelti dai grillini e benedetti dal Colle. La seconda minaccia: se non va Savona all'Economia, caro Luigi non avrai il super ministero allo Sviluppo economico e al Lavoro. Di Maio tentenna. Alla fine, dopo tre ore di trattativa serrata, accetta il compromesso: resta Savona, rimangono Massolo e Moavero, si fa l'accorpamento dei due dicasteri utile al leader grillino per vigilare sull'attuazione del reddito di cittadinanza. La bandiera a 5Stelle. Tant'è che Salvini, a sera, mette a verbale: «Savona è una garanzia per gli italiani perché a Bruxelles difenderà i loro interessi. 5Stelle e Lega insistono per lui». E Giorgetti in persona: «Il ministro dell'Economia sarà Savona». Il cerchio sembra chiuso (anche i 5Stelle annunciano di volere l'economista no-euro al Tesoro), ma così non è. L'ultima parola spetterà nei prossimi giorni a Mattarella che, in forza delle Costituzione, nomina i ministri. E una pista porta Savona nel ruolo di responsabile degli Affari europei: un contentino per la Lega. Di Maio si mostra al riguardo più realista del re: «Sono d'accordo con Salvini per Savona all'Economia, ma capiamo che c'è un'interlocuzione istituzionale. I nomi li decide il capo dello Stato di concerto con Conte».
L'altro fronte caldo della trattativa sono le Infrastrutture e i Trasporti. È un ministero strategico per i grillini: serve per bloccare le grandi opere, a partire dalla Tav. Ma anche per la Lega: da questo dicastero dipende la Guardia costiera che coordina le operazioni di soccorso in mare dei migranti. Anche qui il braccio di ferro è aspro. I grillini propongono la no-Tav Laura Castelli o Mauro Coltorti. I leghisti rispondono con Lorenzo Fontana. Alla fine potrebbe andarci il solito Giorgetti (che in questa ipotesi non andrebbe a fare il sottosegretario alla presidenza del Consiglio), per una questione di equilibri interni ai lumbard. Si vedrà: la partita si chiuderà solo sabato, se non lunedì, con il giuramento al Quirinale dell'intero governo.
C'è poi il nodo del comparto sicurezza. Salvini ha prenotato gli Interni per sé e i Servizi segreti per Giorgetti, se andrà a fare il sottosegretario a palazzo Chigi e non il ministro all'Economia o alle Infrastrutture. Il Colle però ha fatto sapere che se questo è lo schema, la Difesa non può essere appannaggio della Lega che chiede «mani libere» e lancia slogan legge e ordine. Così si fa sempre più forte l'ipotesi che il controllo delle Forze Armate vada ai 5Stelle con Elisabetta Trenta, docente di sicurezza e intelligence indicata da Di Maio nel governo grillino presentato prima delle elezioni.
Da stabilire poi se Salvini e Di Maio saranno vicepremier, oltre che ministri. Dal Colle, secondo diverse fonti, filtrano perplessità. Questo perché la presenza dei due leader nel ruolo di vice renderebbe ancora più difficile a Conte evitare di essere un semplice esecutore e di ritagliarsi quei margini di autonomia tanto cari a Mattarella. Come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ruolo chiave e strategico, è previsto il braccio destro di Di Maio, Vincenzo Spadafora. Forse con accanto l'onnipresente Giorgetti. Ma, si diceva, il braccio destro di Salvini è spendibile in diverse caselle. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino