Tempi difficili ad Hong Kong anche per le boutique di lusso. La celebre casa di gioielli Tiffany & Co teme un calo delle vendite annuali come effetto delle proteste, che...
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Tiffany & Co. store at the Hong Kong Plaza in Shanghai, China.
La situazione incandescente nell'ex colonia britannica passata alla Cina nel 1997 ha già fatto registrare a Tiffany & Co una riduzione delle entrate pari al 3% a livello globale e al 6% netto nel secondo quarto dell'anno. Non va benissimo quindi per le scatoline verdi col nastro bianco note in tutto il mondo. Per Tiffany, il calo è dovuto ai turisti che, scoraggiati dalle proteste, evitano Hong Kong scegliendo altre mete. Turisti cinesi, in particolare, ma anche di altre nazionalità. A causa delle violenze e degli scontri tra polizia e manifestanti Tiffany ha dovuto tenere chiusi gli 8 negozi ad Hong Kong perdendo 6 giorni lavorativi. Sei giorni in cui, in cirocostanze normali, sarebbero stati venduti bracciali, anelli e collane a clienti facoltosi, turisti dal portafogli generoso e uomini d'affari. L'impatto è tale perché Hong Kong da sola rappresenta per Tiffany una piazza importantissima, il mercato di Hong Kong viene subito dopo gli Stati Uniti, il Giappone e la Cina continentale. Tiffany aveva già deciso, come riporta il New York Post, di spostare alcuni dei gioielli più preziosi da Hong Kong a Pechino e a Shanghai per quei clienti cinesi che di solito acquistavano negli Stati Uniti. Motivo? La guerra commerciale in corso tra Stati Uniti e Cina che, a detta dell'azienda, sta lasciando a casa molti cinesi, tanti e anche ricchi. Per i piccoli negozi, racconta il giornale di Hong Kong South China Morning Post, è ancora più dura. I piccoli esercizi di cibo e bevande sono spesso costretti a chiudere e ora hanno enormi problemi a pagare gli affitti e stanno pensando di ridurre il personale. Un problema non certo di Tiffany.
Il Mattino