Il Lazio zona arancione allarma: «È la settimana peggiore»

Zona arancione e numeri allarmanti

Il Lazio zona arancione allarma: «È la settimana peggiore»
Le varianti, a partire dall’inglese che ormai vale quasi il 90 per cento dei nuovi casi, rendono molto più difficoltosa la riduzione del contagio, nonostante le zone...

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Le varianti, a partire dall’inglese che ormai vale quasi il 90 per cento dei nuovi casi, rendono molto più difficoltosa la riduzione del contagio, nonostante le zone rosse e arancioni che caratterizzano l’Italia. Il dato di ieri è eclatante - quasi 24mila nuovi positivi - ma va comunque letto con una precisazione, perché la Sicilia ha comunicato anche i positivi del giorno prima, dato che non aveva inviato a causa dell’inchiesta della procura di Trapani. Ma anche con questa postilla, il bilancio resta quanto meno in media, se non più alto, di quello del mercoledì della settimana precedente. Su base settimanale c’è una lieve diminuzione, ma comunque la discesa è molto rallentata. 

Ieri Piemonte, Veneto e Campania hanno registrato una impennata, tutte al di sopra dei duemila casi giornalieri. E poi c’è la vicenda del Lazio che, a causa dell’alto numero dei ricoveri, ha dichiarato lo «scenario IV», che significa ordinare agli ospedali di recuperare nuovi posti di terapia intensiva per pazienti Covid a discapito, ovviamente, di reparti non Covid. Nonostante si mantenga sotto la soglia psicologica dei 2.000 casi giornalieri e da martedì sia tornato in arancione perché l’Rt era sceso, ora vede che il calo dei nuovi infetti non c’è. Anzi, c’è un leggero rialzo, con le terapie intensive che si stanno riempendo, segnando uno dei valori più alti di questa pandemia. L’assessore alla Salute, Alessio D’Amato, fa questa sintesi: «Chiariamolo, ora ci aspetta la settimana più difficile. Dobbiamo tutti rispettare le regole. Ci aspettiamo solo successivamente una diminuzione dei casi e in questo i giorni in fascia rossa di Pasqua ci aiuteranno». Ricordiamolo: fino a lunedì scorso il Lazio era in fascia rossa. I dati sono migliorati e la cabina di regia ha dato il via libera al passaggio in arancione. Bene, la discesa dei nuovi casi si è fermata, siamo nella palude. Alcuni numeri per comprendere una storia emblematica come quella del Lazio che può essere utile a decifrare l’andamento dell’epidemia anche nel resto d’Italia: nell’ultima settimana sono stati registrati 12.455 casi, in quella precedente 12.345. Si dirà: ma è un incremento risibile. Il problema è che dopo due settimane in fascia rossa si sperava di vedere scendere la curva, invece sia pure di poco sembra risalire. Ma al di là delle statistiche, contano i posti letto occupati, gli ospedali in sofferenza: oggi nel Lazio ci sono 371 pazienti in terapia intensiva, nove in meno del giorno precedente, ma questo non basta a compensare una intensa salita registrata da inizio marzo. 

In estrema sintesi: rispetto a due settimane fa c’è stato un aumento dei posti letto in terapia intensiva occupati da pazienti Covid del 25,3 per cento, rispetto a quattro settimane fa addirittura del 56,5 per cento. Per questo, con gli ospedali sotto assedio, la Regione ha deciso di fare scattare lo «scenario IV» che prevede l’allestimento di posti letto aggiuntivi. Significa che il Lazio rischia la bocciatura? Ci sarà il passaggio di nuovo in fascia rossa sulla base delle valutazioni della cabina di regia che saranno diffuse domani? Non sembra, anche perché l’Rt del Lazio è a 0,96 e l’incidenza resta sotto il limite critico dei 250 casi ogni 100mila abitanti su base settimanale. Il virus però sta correndo, anche nelle province, e ieri si è valutata la zona rossa a Fara Sabina, comune della provincia di Rieti, dove l’incidenza dei casi è molto elevata, 200 su 14.000 abitanti, probabilmente a causa di un cluster che si è originato quando le scuole erano ancora aperte e che è stato alimentato proprio dalla forza di trasmissione della variante inglese. Il report dell’Istituto superiore di sanità sulle varianti, pubblicato l’altro giorno, ha fotografato la presenza delle mutazioni del virus nel Lazio con precisione: la variante inglese, la VOC202012/01, è già al 78,5 per cento, la brasiliana (P1) è al 20 per cento (un dato secondo in Italia solo a quello dell’Umbria).

Tornando al quadro nazionale e alla discesa dei casi che è sempre più lenta e quasi impercettibile, le varianti annacquano gli effetti delle zone rosse e dunque bisognerà attendere, quanto meno, la fine del mese perché pezzi importanti dell’Italia siano in sicurezza dal punto di visto epidemiologico. L’Rt, l’indice di trasmissione, che la settimana scorsa era a 1,08, si avvia a una poco rilevante diminuzione. Ieri c’è stato un primo calo dei posti letto occupati, ma ci sono stati altri 467 decessi per Covid. Se si guarda all’incidenza (sempre 250 casi ogni 100mila abitanti su base settimanale) oltre alla Lombardia e all’Emilia-Romagna, nelle pagelle che saranno pubblicate domani si troveranno in grave difficoltà, salvo sorprese, la Puglia, il Piemonte, il Friuli-Venezia Giulia e la Valle d’Aosta.

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Il Mattino