Lega, il numero due Giorgetti: «In Europa comanda il Ppe, ora dialogo con la Merkel»

Lega, il numero due Giorgetti: «In Europa comanda il Ppe, ora dialogo con la Merkel»
La Lega di prima era un Carroccio schiacciasassi. Questa di adesso, nonostante l'ostentazione della forza qui a Catania con tutti a sostegno di Matteo Salvini in tribunale,...

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La Lega di prima era un Carroccio schiacciasassi. Questa di adesso, nonostante l'ostentazione della forza qui a Catania con tutti a sostegno di Matteo Salvini in tribunale, è attraversata da dubbi. Perché la fase è diversa, perché è cambiata l'Europa, perché le Regionali non sono andate bene, perché la logica delle spallate continue non ha portato risultati finora, perché nel centrodestra l'astro di Giorgia Meloni cresce e la sua strategia di allargamento in Italia e di riposizionamento moderato in Europa è un'insidia che Salvini non può non vedere. E infatti, la vede eccome. Il cambio di fase è assolutamente chiaro a Giancarlo Giorgetti il quale, dal palco della kermesse catanese della Lega, s'interroga su come il suo partito debba affrontare la fase nuova. Poi eccolo nel backstage il politico meno contundete tra i lumbard, si siede su una poltroncina, non parla del processo sulla Gregoretti ma disegna una road map che potrebbe portare a un cambiamento cruciale dell'identità del suo partito. «Vede, l'Europa ora dice quello che noi dicevamo da tempo. E' sparita l'austerità, parla di investimenti e di bisogni dei popoli».


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Dunque siete pronti ad uscire dal vostro isolamento, a superare il ghetto di Identità e democrazia che condividete con la Le Pen, mentre la Meloni presiede i Conservatori e riformisti e s'è piazzata al centro della scena? «Io non dico - osserva Giorgetti - che dobbiamo entrare nel Ppe. Ma dico che dobbiamo porci delle domande. La Lega non è un partito come quello della Le Pen, che ha guidato al massimo qualche città francese. Siamo il primo partito italiano, amministriamo con i nostri alleati 15 regioni, siamo una forza di governo nazionale da molto tempo e lo eravamo fino allo scorso anno. Il mio discorso è questo. L'Europa va dove va il Ppe e il Ppe va dove va la Cdu. Il partito merkeliano farà il suo congresso, e io voglio vedere che tipo di trasformazione avrà perché può andare verso un dialogo con i Verdi, o prendere altri indirizzi per noi più interessanti. Ecco, va capito dove si rivolge quel partito che fa l'Europa e dialogarci».

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Sembra che Giorgetti stia dicendo che la Lega è pronta a entrare nel Ppe, anche se Salvini ha detto che così non è. Ma il responsabile Esteri del partito, e uomo di relazioni ad ampio raggio, non ha nessuna intenzione di mettersi a bisticciare con Matteo: non è il suo stile. Si limita, ma non è poco, e anzi questo può segnare una discontinuità profonda e rappresentare una mossa per rispondere all'Opa sulla coalizione del centrodestra e sulla leadership salvinista lanciata dalla Meloni, a ragionare così nel retropalco: «Dobbiamo farci conoscere dal Ppe. Quello è un partitone dove c'è di tutto. C'è Orban che la pensa come noi. Ci sono i bavaresi della Csu che parlano come Zaia. Io penso, per dirla con semplicità, che dobbiamo entrare a curiosare nella discoteca Ppe, dobbiamo capire e poi magari, chissà, col tempo finiremo pure per fidanzarci». Ma Giorgetti, lei sa che Salvini è di altro avviso? «Matteo non può non essere d'accordo, ha solo smentito che la Lega entra nel Ppe».
 

Di fatto esistono ormai due Leghe: una che vorrebbe continuare a testa bassa nel non moderatismo che non sta portando frutti, e un'altra che cerca di adottare uno sguardo più lungimirante. Giorgetti è della seconda scuola. E comunque, per condividerli o meno anche gli altri big del Carroccio - da Lorenzo Fontana a Gian Marco Centinaio, in queste ore di prova di forza ma anche di intima fragilità - fanno gli stessi ragionamenti di Giorgetti, ossia cercano un nuovo senso alla Lega. Sennò «la Meloni ci sbrana», come dicono in molti qui a Catania. Giorgetti manifesta un timore: «Con la legge proporzionale finiamo tagliati fuori. O ci spostiamo un po' al centro oppure ci annientano». Ma Salvini lo farà? «La linea politica la decide lui». Matteo, però, è sotto attacco giudiziario su tutti i campi, soldi alla Lega e inchieste varie. La sua leadership non rischia di indebolirsi pesantemente? «Una cosa è certa, le inchieste sulla Lega non porteranno a nulla di nulla, abbiamo la coscienza a posto. Quanto all'accanimento su Salvini, purtroppo quando ti picchiano, ti picchiano e ti picchiano, ti fanno male...».
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Il Mattino