Letta torna al campo largo: «Dialogo dopo le elezioni». Il segretario pd apre a M5S e Calenda

Letta torna al campo largo: «Dialogo dopo le elezioni». Il segretario pd apre a M5S e Calenda
«Non ho difficoltà a dire che da parte nostra è molto più facile dialogare con Conte e Calenda rispetto al dialogo con Salvini e Meloni, vediamo quale...

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«Non ho difficoltà a dire che da parte nostra è molto più facile dialogare con Conte e Calenda rispetto al dialogo con Salvini e Meloni, vediamo quale sarà il risultato e poi dialogheremo con chi sarà più facile dialogare». A ben guardare, quasi una banalità quella detta ieri da Enrico Letta ai microfoni di Radio Capital. Se non fosse che è piena campagna elettorale e praticamente niente viene dichiarato a caso. Se non fosse che il segretario del Pd ha investito per mesi sul famoso campo largo con il M5s prima che crollasse miseramente portandosi dietro la fine del governo Draghi. 

Né, certo, sono le parole che ci si poteva aspettare pochi giorni dopo la decisione dei pentastellati di gettare all’aria l’esito delle primarie di coalizione in Sicilia per presentare un proprio candidato alla presidenza della Regione. E infatti Giuseppe Conte mostra di essere su tutt’altra lunghezza d’onda. «Sono ormai costretto a rinunciare a comprendere il comportamento del vertice del Pd. Letta non l’ho più capito da quando abbiamo presentato l’agenda sociale a Draghi». 

Il leader cinquestelle, pochi giorni dopo aver aperto a un dialogo con i dem (salvo ritrattare subito dopo), sceglie la strada della competizione diretta. «Se un elettore di sinistra vuole realizzare gli obiettivi di una forza progressista credo che sia addirittura costretto a votare il M5s rispetto all’offerta corrente».

Insomma, uno schiaffo in faccia (almeno per ora) all’irresistibile voglia di campo largo. La pratica è per ovvie ragioni rinviata al day after delle Politiche. «Il tema del dialogo si porrà dopo, ora contano le elezioni», dice Letta. D’altra parte, quella che ha scelto è una strategia diversa e la parola chiave è: polarizzazione. 

La convinzione è che nelle ultime due settimane, quando la campagna elettorale entrerà nel vivo, a dominare sarà proprio il dualismo. Per questo la priorità, spiegano dal Nazareno, è far iniziare a sedimentare nell’elettorato la convinzione che chi non sta con la destra di Giorgia Meloni può scegliere solo il campo dem, anche se questo vuol dire rinunciare a fare polemica con chi – Calenda, Renzi e Conte – al contrario attacca tutti i giorni. Una impostazione resa graficamente dalla campagna di manifesti appena partita: di là il nero di qua il rosso, sei messaggi e l’invito a scegliere, per esempio se stare con Putin o con l’Europa, con le discriminazioni o con i diritti, con i no vax o con la scienza e i vaccini. «Questo voto è di qua o di là, o si vota per una destra che si presenta oggi con Meloni e Salvini o l’unica alternativa che può competere è il centrosinistra». E non polemizzare con i partiti che si trovano da questa parte della barricata, come spiega Enrico Borghi della segreteria dem, in fondo è anche un modo per strizzare l’occhio a chi pensa di votarli: «Noi ci rivolgiamo in questo momento a tutto l’elettorato che si sente alternativo alla proposta della destra estrema incarnata da Meloni. Gli elettori non sono proprietà di nessun partito e nessun leader politico. Siamo convinti che il messaggio che stiamo cercando di far passare, ossia che solo il Pd sia un’alternativa reale alla destra che ci riporta indietro di 50 anni, sarà percepito».

Alimentare la competizione diretta con la leader di Fdi ha però per il segretario dem anche un altro obiettivo: stoppare le voci di chi lo accusa di star già apparecchiando un governo di larghe intese post voto, una maggioranza da cui possano essere tagliate le cosiddette “estreme” a cominciare da Lega da una parte e M5s dall’altra. 

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Il Mattino