Salvatore Buzzi, il ras delle coop sociali romane, difende Massimo Carminati e il suo patrimonio minimizzando l'azione corrutrice delle tangenti che riguarderebbe, semmai,...
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Collegato in videoconferenza dal carcere di Nuoro durante un'udienza della sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Roma, oggi Buzzi ha affermato davanti ai giudici che «Carminati è una brava persona» e ha idealmente blindato i suoi soldi opponendosi alla confisca della sua abitazione, comprata con denaro «pulito», e sostenendo che «qualora ci fosse stata corruzione questa avrebbe inquinato solo il 3% del fatturato della coop che si aggira sui sei milioni annui».
Insomma poca cosa rispetto al giro d'affari del suo impero, con una liquidità di 16 milioni di euro, che gli fruttava uno stipendio di 200 mila euro l'anno. Buzzi insomma non cede di un millimetro e sembra anzi rivendicare la «bontà e la pulizia» della sua attività economica. L'udienza di oggi, fissata da tempo e che riguardava la richiesta di confisca di alcuni beni, tra cui l'abitazione di Buzzi, arriva proprio a pochi giorni dalla seconda grande retata nella maxinchiesta sul malaffare all'ombra del Campidoglio. In video-conferenza dal carcere di Nuoro, dove Buzzi è detenuto da alcuni mesi con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, il presunto braccio destro di Carminati ha chiesto la parola per fare dichiarazioni spontanee.
Dichiarazioni con cui non ha rinnegato nulla. In primo luogo il rapporto che lo lega con l'ex Nar Carminati. «Massimo è una brava persona, con me si è comportato sempre bene -ha affermato - si è comportato bene perchè avevo procurato lavoro alla cooperativa, avevo fatto ottenere una fornitura di pasta a costi vantaggiosi».
Amici in affari, insomma. E di affari ha poi parlato Buzzi. «Ammettendo che ci sia stata corruzione - ha aggiunto il ras delle coop - questa riguarda solo il 3 per cento del fatturato della cooperativa. Quindi poca cosa». «La cooperativa - ha aggiunto Buzzi - ha 16 milioni di euro di liquidità ed aveva un giro d'affari di sei milioni l'anno. Quindi il 3% del fatturato è un'inezia». «Non è un'ammissione di colpa ma un ragionamento per ipotesi - ha subito precisato il difensore di Buzzi, Alessandro Diddi - se le corruzioni attribuite al mio assistito fossero fondate queste inciderebbero in una percentuale minima sul fatturato e, conseguentemente anche sullo stipendio di Buzzi», circa 200 mila euro l'anno.
Buzzi in virtù di ciò ha detto di «opporsi alla confisca della propria abitazione, costata 910 mila euro».
Il Mattino