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«Nessuno mi aveva detto che Maradona era cardiopatico, ma notai che aveva un ritmo cardiaco superiore a 100 battiti in qualsiasi momento. Segnalai ai medici la sua tachicardia, nessuno mi diede risposta». È quanto ha dichiarato il 37enne Ricardo Almiron, l'infermiere che copriva il turno notturno in casa dell'ex capitano della Seleccion argentina e del Napoli morto il 25 novembre nell'appartamento nel Barrio San Andres di Tigre, a 25 chilometri da Buenos Aires. Almiron, uno dei sette indagati per omicidio con dolo eventuale (per questo reato in Argentina è prevista una pena da 8 a 25 anni), è stato il primo interrogato dai magistrati della procura di San Isidro che curano l'inchiesta, coordinati dal procuratore generale John Broyard.
Assistito dall'avvocato Franco Chiarelli, Almiron ha detto di non essere stato informato della cardiopatia di Maradona. «Sapevo che era un paziente con problemi psichiatrici a causa dell'astinenza da alcol». Ha dichiarato che gli ultimi controlli erano stati fatti tra le 21 e le 22 del 24 novembre e che alle 6.30 del 25 novembre, circa sei ore prima della morte, Diego respirava normalmente. Secondo la perizia medica, invece, l'ex Campione era in agonia da dodici ore. Almiron ha spiegato che vi erano contrasti tra i medici Nancy Forlini e Agustina Cosachov, ha più volte chiamato in causa il coordinatore degli infermieri Mariano Perroni.
Dal 16 al 28 giugno vi saranno gli interrogatori degli altri sei indagati. Ultimo a deporre sarà il neurochirurgo Leopoldo Luque, di fatto il medico personale di Diego.
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