A Ischia un mare di plastica l'isola è la più inquinata d'Italia

Porto di Ischia, la plastica
Da «Mare nostrum» a «mare monstrum». Nel Mediterraneo ridotto ormai a una zuppa di plastica, come l'ha efficacemente definito lo scorso anno il Cnr, le...

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Da «Mare nostrum» a «mare monstrum». Nel Mediterraneo ridotto ormai a una zuppa di plastica, come l'ha efficacemente definito lo scorso anno il Cnr, le acque che bagnano Ischia si rivelano le più inquinate di Italia. Al largo dell'isola verde, secondo i rilievi di Legambiente,  si è registrato il picco massimo di microplastiche con 528 microparticelle ogni mille metri cubi d'acqua.  Un fenomeno preoccupante, non esente da rischi per la fauna marina e la salute umana, di cui si parlerà nel dettaglio dal 26 al 29 settembre all'hotel La Residenza di Capri, al convegno «International Conference on Microplastic pollution in the Mediterranean Sea», organizzata dall’Istituto per i polimeri, compositi e biomateriali (Ipcb) e dall’Istituto per lo studio delle macromolecole (Ismac) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr).  Nella tre giorni che raduna i maggiori esperti internazionali in materia di inquinamento marino, parteciperanno peraltro anche gli studiosi che hanno condotto studi dettagliati sulle coste della Campania, come il professor  Roberto Danovaro, presidente della Stazione Zoologica “Anton Dohrn” di Napoli, e  Giorgio Zampetti di Legambiente che presenteranno studi recenti sull’inquinamento da microplastiche in Campania. 


Nella tre giorni organizzata a Capri dal Consiglio nazionale delle ricerche, gli esperti  faranno il punto sulla problematica e proporranno soluzioni ed azioni utili per affrontare e mitigare la grave minaccia ambientale rappresentata dalla plastica. Recenti studi hanno infatti dimostrato che il Mar Mediterraneo è una delle regioni più a rischio al mondo, presentando una concentrazione di microplastiche (frammenti di dimensioni inferiori ai 5 mm) persino più alta dell’area del Nord Pacifico. Questi frammenti sono in grado di passare attraverso gli impianti di depurazione, accumulandosi così sulle coste e raggiungendo gli ecosistemi marini dove restano inalterati, divenendo un serio rischio non solo per la flora e fauna marina, ma anche per la salute umana.

A farne le spese sono soprattutto i mammiferi marini e le tartarughe che scambiano le parti di sacchetti di plastica per meduse, come testimoniano numerosi studi di università canadesi, brasiliane, spagnole e italiane riportati nel rapporto delle due Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente. Secondo l'Unep e l'Agenzia di protezione ambiente svedese, di 115 specie di mam­miferi marini, 49 sono a rischio intrappola­mento o ingestione di rifiuti marini. I cetacei e i mammiferi marini vengono attratti da questi materiali spesso di colore acceso. E non solo. Elefanti marini, delfini, capodogli, lamanti­ni sono tutti stati trovati a ingerire sacchetti di plastica. Nelle tartarughe il sacchetto di plastica, scambiato per una medusa, provoca il blocco del tratto digestivo e il conseguen­te soffocamento.Di 312 specie di uccelli marini, 111 sono note per aver ingerito rifiuti plastici. Tra i 700.000 e un milione di uccelli marini rimangono ogni anno uccisi per soffocamento o intrappola­mento. «Per tutte queste ragioni l'Italia, che solitamente è in ritardo in merito alle normative ambientali, ha scelto di mettere al bando i sacchetti di plastica, ponendosi addirittura all'avanguardia tra i paesi industrializzati», spiega Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente. Ma i rifiuti non danneggiano solo la flora e gli animali marini, in quanto le particelle ingerite dagli organismifiniscono spesso sulle nostre tavole, con effetti che secondo primi studi effettuati in materia, si rivelano dannosi per la nostra salute.  

Nel Mediterraneo circa il 96 per cento dei rifiuti galleggianti è composto da plastica e il problema non interessa solo la superficie del Mare Nostrum perchè i rifiuti in plastica sono stati ritrovati anche a più di 3mila metri di profondità.


«Ogni anno - spiega Stefano Aliani dell’Ismar-Cnr - nel mondo vengono prodotti circa 300 milioni di tonnellate di plastica e si pensa che fino a 12 milioni di tonnellate finiscano in mare. La microplastica è costituita da quei frammenti di plastica più piccoli di 2 millimetri che, per quanto non visibili ad occhio nudo, sono stati trovati a galleggiare pressoché ovunque nel Mediterraneo, con concentrazioni tra le più alte al mondo. Ad esempio, nel vortice subtropicale del Pacifico settentrionale nel 1999 sono stati stimati circa 335.000 frammenti di plastica per km2, mentre in Mediterraneo si parla di una media di circa 1.25 milioni. Nel tratto di mare tra la Toscana e la Corsica è stata rilevata la presenza di circa 10 kg di microplastiche per km2, contro i circa 2 kg presenti a largo delle coste occidentali della Sardegna e della Sicilia e lungo il tratto nord della costa pugliese».  Leggi l'articolo completo su
Il Mattino