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Nessun assedio, nessun rimpasto. Ma una serie di attacchi da parte di «misogini» secondo cui «una donna non può reggere di fronte alla pressione». Giorgia Meloni non ci sta a far passare il racconto di chi la descrive come vittima di una sorta di sindrome di "accerchiamento" a Palazzo Chigi. E raccontandosi a Bruno Vespa, nel libro del giornalista "Il rancore e la speranza" (in uscita l'8 novembre per Mondadori-Rai Libri), dà la sua versione del suo primo anno di governo.
Attacchi misogini
«Quello che mi stupisce - spiega la premier - è la totale invenzione di liti con i miei alleati di governo.
Assedio e rimpasto
Nessuna dimensione dell'assedio, insomma. «Non la soffro affatto», continua Meloni. «È il racconto che si fa di me. So che ci sono nemici disposti a fare qualunque cosa pur di buttarmi giù. Ma non mi spaventano. Come ho detto all'inizio del mio mandato, non sono ricattabile. Ma capisco che per alcuni gruppi di potere che hanno controllato a lungo l'Italia questo sia un problema».
Ma la premier affronta anche un altro tema sempre più spesso al centro del dibattito, quanto più ci si avvicina alle elezioni europee: quello di un eventuale rimpasto. Con alcuni ministri che sarebbero indirizzati a prendere la via di Bruxelles. Non accadrà, spiega Meloni. «Mai. Voglio battere un altro record: finire la legislatura con lo stesso governo con cui l'ho iniziata. Sarebbe la prima volta nella storia repubblicana. Berlusconi è stato a Palazzo Chigi cinque anni, ma con due governi diversi. Realizzare una visione richiede del tempo. E io sono fiera di avere il tempo necessario».
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