Per il Viminale sono 1.265 i migranti sbarcati in Italia dall'inizio dell'anno, ma in realtà i numeri sarebbero ben più alti e sfuggono a qualsiasi...
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Su piccoli scafi veloci, barche a vela o trainati da pescherecci, i migranti, con mini-sbarchi in gruppi di circa 10 persone per imbarcazione, arrivano non solo in Sicilia, ma pure in Basilicata, Puglia e Calabria. Una parte di queste viene rintracciata una volta sulla terraferma e portata nei centri di accoglienza, ma tanti sono coloro che sfuggono a qualsiasi contabilità. Proprio per questo non esistono numeri ufficiali, si sa che almeno in 600 sono giunti così nel nostro Paese, soltanto dall'inizio dell'anno, ma per gli altri è impossibile effettuare stime. Tra chi ha provato in questi mesi a ricostruire il fenomeno c'è Claudio Lombardo, presidente dell'associazione Mare Amico di Agrigento, che ha tentato di fare un calcolo grazie ai barchini lasciati in mare o agli indumenti che i migranti abbandonano a riva per metterne altri asciutti una volta sbarcati. Qui lo scorso aprile, su due barche di legno, sono arrivate 35 persone. «È proprio sulla nostra costa agrigentina racconta Lombardo - che soprattutto con l'arrivo dell'estate qui diventa un piccolo cimitero per barche, ne contiamo a decine da maggio a novembre e ora il flusso è ricominciato. Sono almeno mille che arrivano in un anno e solo sulla nostra costa». Fino a un anno fa i barchini approdavano soprattutto a Lampedusa, a Molo Favaloro sono tante le piccole imbarcazioni abbandonate in mare e poi inghiottite dall'acqua. Ma sulla piccola isola all'estremo sud della Sicilia, i migranti hanno capito che non possono sfuggire ai controlli. Troppo minuta l'isoletta per passare inosservati e così, nel corso del tempo, i trafficanti hanno imparato a diversificare gli approdi nelle altre regioni meridionali.
Lo scorso gennaio in cinquantuno sono arrivati a Torre Melissa, nel Crotonese. Si trattava di curdi giunti a bordo di una barca a vela, ma casi simili sono stati scoperti a Roccella Ionica (sempre in Calabria), ad Otranto (in Puglia) e poi a fare da padrona è sempre la Sicilia con altri casi segnalati a Ragusa, ad Augusta, a Mazara e su tutta la costa meridionale. Meno di un mese fa uno sbarco di 55 pakistani, tra cui 11 minori, è avvenuto persino in Basilicata, a Policoro, in provincia di Matera. «Quello che vediamo spiegano anonimamente alcuni ufficiali della Guardia Costiera è soltanto la punta di un iceberg senza poter capire quanto è grande il blocco di ghiaccio sotto la superficie. È impossibile tracciare tutti gli spostamenti. Ma calcoliamo che siano almeno 7mila nell'ultimo anno». Tanto più che per arrivare in Italia alcuni barchini vengono trainati da una nave-madre. Gli inquirenti ritengono che le barche, la maggior parte provenienti dalla Tunisia, siano trainate fino a poche miglia dalla costa da una nave più grande che poi fa perdere le proprie tracce, un metodo collaudato dagli scafisti che hanno vita facile con il minore controllo nell'area del Mediterraneo. Non solo motoscafi veloci, più volte rintracciati negli ultimi mesi soprattutto dalla Guardia di Finanza, ma in molti casi gli scafisti utilizzano piccole barche o velieri che possono facilmente essere confusi per scafi da pesca o da turismo.
Il caso è finito anche all'attenzione della commissione parlamentare Antimafia. «Negli ultimi due anni sono diminuiti gli sbarchi dalle coste libiche ma sono aumentati gli sbarchi fantasma dalle quelle tunisine che sono più preoccupanti». A lanciare l'allarme è stato il Procuratore aggiunto di Palermo, Marzia Sabella, nel corso di una recente audizione alla commissione presieduta da Nicola Morra. «Sembrano viaggi occasionali dalla Tunisia alla Sicilia ha spiegato - in realtà abbiamo avuto modo di verificare che nella gran parte dei casi vi è dietro un'associazione, inizialmente ci sembrava soltanto di origine tunisine, che organizza i viaggi e garantisce anche servizi, come la conduzione a destinazione, nel Nord Italia o in Europa. E assicura soprattutto la non identificazione di questi soggetti che può servire per introdurre jihadisti e foreign fighter nel nostro Paese». Ma il fenomeno sarebbe attivo anche sulle tratte libiche. «Tanti i gommoni che partono e spiegano da Tripoli fonti della Guardia costiera locale - non riusciamo a fermare tutti. Ora, con la guerra, è pure peggio». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino