Una collisione con il mercantile giunto per soccorrerli, provocata dall'imperizia dello scafista che cercava di confondersi con gli altri a bordo. Poi l'agitazione dei...
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Il naufragio del barcone al largo della Libia sarebbe dovuto a due cause: lo spostamento dei migranti sull'imbarcazione, che era sovraffollata, e l'errata manovra dello scafista che l'ha portata a collidere con il mercantile King Jacobs che era arrivato per soccorrere i migranti. È la ricostruzione della Procura di Catania. È la Procura di Catania a ricostruire la dinamica del naufragio dovuto a due concause: le manovre errate compiute dal comandante del barcone che, nel tentativo di abbordare il mercantile, ha portato il peschereccio a collidere con la nave più grande, e il sovraffollamento del natante, che è stato sbilanciato dalle manovre errate e dagli spostamenti dei migranti a bordo. Il barcone si è quindi capovolto.
«Nessuna responsabilità - afferma il procuratore Giovanni Salvi - può profilarsi, sulla base di quanto emerso, a carico del personale della mercantile che ha doverosamente prestato soccorso e che non ha contributo in alcun modo all'evento fatale». Dalla Procura si ribadisce quindi che «risultano pertanto iscritti nel registro delle notizie di reato soltanto il comandante del peschereccio e il componente dell'equipaggio».
Le indagini sono condotte dalla Guardia Costiera e dalla Polizia di Stato, Squadra Mobile di Catania e Servizio Centrale Operativo di Roma.Omicidio colposo plurimo, naufragio e favoreggiamento della immigrazione clandestina: queste le accuse per i due presunti scafisti - il comandante, un tunisino, e un suo assistente, un siriano, fermati tra i 27 superstiti del naufragio di migranti arrivati ieri sera a Catania.
Dovrebbero essere circa 800 le persone «tra i morti e i dispersi» nel naufragio avvenuto al largo della Libia nella notte tra sabato e domenica, secondo Carlotta Sami, portavoce dell'Unhcr, l'alto commissariato dell'Onu per i rifugiati. «Abbiamo parlato con molti sopravvissuti e le testimonianze concordano tutte su questo numero», racconta Sami all'Adnkronos. Sul barcone erano presenti migranti di diverse nazionalità.
Non è ancora possibile accertare con precisione il numero dei morti, dice invece la procura. Le indicazioni provenienti dai superstiti sono approssimative e indicano comunque alcune centinaia di morti (tra i 400 e i 950). La Guardia Costiera ha acquisito informazioni da alcuni superstiti a bordo della Gregoretti C.P. 920 e il report del mercantile portoghese che ha stimato approssimativamente il numero dei migranti in 850 persone.
Secondo i racconti dei sopravvissuti «erano presenti circa 350 eritrei - spiega Sami - non hanno saputo dire quanti siriani, somali e bambini di età tra i 10 e i 15». Tra i sopravvissuti, con cui i rappresentanti dell'Unhcr hanno parlato, alcuni sono del Mali, Sierra Leone, Senegal. «Sono abbastanza fragili un po' persi con lo sguardo», afferma Sami.
Mare nostrum «non era la bacchetta magica» e «non ci sono elementi per dire che non ci sarebbe stato il disastro» se il dispositivo fosse ancora attivo, ma certamente consentiva «interventi più rapidi ed efficaci per soccorsi e indagini». Boccia Triton, l'operazione Ue di sorveglianza del Mediterraneo, intanto il procuratore di Catania, Giovanni Salvi, titolare dell'inchiesta sul naufragio.
«Sulla nave, la Polizia ha svolto interrogatori e confronti che hanno consentito alla Procura della repubblica di Catania di individuare e disporre il fermo dei due scafisti», ha precisato il ministro dell'interno Angelino Alfano annunciando il fermo dei due scafisti. I superstiti sono tutti uomini e stanno bene. Anche il ricoverato, un 33enne del Bangladesh, che ha un trauma toracico-addominale, ma non è grave.
Ad accogliere la nave a Catania nella notte il ministro delle infrastrutture Graziano Delrio che si è congratulato con i militari italiani per le operazioni di soccorso:«La lotta ai trafficanti di morte continua, lo Stato non darà loro tregua».
La Procura di Catania ha già sentito il migrante ricoverato nell'ospedale Cannizzaro. È stato lui a parlare di 950 persone stipate su un peschereccio con «centinaia di persone chiuse in stive su due livelli dai trafficanti prima di salpare dalla Libia» e che tra le vittime ci sarebbero 200 donne e 50 bambini.
Una tragedia che non ha fermato le partenze dei disperati - ieri ne sono stati soccorsi 638, che erano a bordo di sei gommoni di difficoltà - e di cui parla, forte della sua esperienza alla guida di una Procura che «ha trattato i due terzi delle inchieste in Italia su sbarchi di migranti», il procuratore Giovanni Salvi dal suo «punto di vista di magistrato».
Il suo ufficio è impegnato in prima linea ed è convinto: «Triton è meno efficace di Mare nostrum». Ma non solo: il «soccorso in mare - dice - richiede una elevata professionalità» che hanno i militari della Marina, della Guardia costiera e della Guardia di Finanza, ma «non tutti gli equipaggi della navi mercantili, che ringraziamo per le centinaia di vite che hanno salvato».
Per questo i filoni dell'inchiesta sono due: uno riguarda l'individuazione dell'organizzazione di trafficanti, l'altra la modalità del naufragio e del ruolo del mercantile portoghese 'King Jacob' e del suo comandante. Salvi ha precisato che «al momento non ci sono ipotesi di responsabilità, né indagati». La polizia di Stato, oltre a controllare la scatola nera, cercherà filmati su eventuali telefonini di superstiti o dell'equipaggio del King Jacob.
E intanto da Palermo arriva l'allarme lanciato dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia: «Dai dati in nostro possesso sulle coste libiche ci sarebbe circa un milione di migranti pronti a partire».
Tornando al naufragio dell'altra notte, la Procura di Catania ha inviato su nave Gregoretti della Guardia costiera poliziotti del Servizio centrale operativo di Roma e della squadra mobile di Catania per avviare gli interrogatori dei superstiti. Se sarà necessario e utile alle indagini si tenterà anche di recuperare il relitto, che giace nel fondale a 73 miglia al largo della Libia. E anche l'esame autoptico sui 24 corpi recuperati in mare lasciati a Malta. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino