Questa sera alle 18 tornerà la preghiera dentro le mura di Notre Dame. L'arcivescovo di Parigi Aupetit celebrerà una messa nella cappella della Vergine, dietro...
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Ieri la radio France Info ha rivelato che soltanto il 9 per cento dei soldi promessi da privati, fedeli, associazioni, imprenditori e enti locali sono già entrati in cassa. Soltanto 80 milioni di euro sugli 850 promessi sono stati confermati. I soldi versati, provengono per lo più da privati cittadini, che hanno inviato un assegno o fatto un bonifico, quasi sempre a una delle quattro più grandi strutture accorse al capezzale della cattedrale: la Fondation de France, la Fondation pour le Patrimoine, la Fondatione Notre-Dame e il Centre des monuments nationaux. I grossi finanziatori, come i miliardari Pinault (ha promesso 100 milioni) e Arnault (ne ha promessi 200) pagheranno, ma aspettano. «Li invieranno a poco a poco, in funzione dei preventivi spiegava ieri France Info, che per prima ha avuto accesso alle casse per il restauro In questo modo potranno donare quando vogliono, per questa o quella parte del cantiere. Questo consentirà anche di evitare che lo Stato faccia fruttare le loro centinaia di milioni prima che i lavori comincino».
Il dibattito sulla nuova cattedrale, sul nuovo tetto, la nuova guglia, tutto per ora è stato messo da parte in nome della priorità: far stare in piedi l'edificio. L'obiettivo è adesso costruire i due grandi solai in legno tra gli archi delle volte, che consentiranno di stabilire con certezza i danni subiti dalla pietra. Seconda tappa: lo smantellamento dei ponteggi installati per il restauro della guglia, in parte fusi dalle fiamme. Un loro crollo potrebbe avere un effetto letale sulla struttura. Nessuno per ora sa quanto costerà la ricostruzione. Secondo Christophe Rousselot per questo alla fine «ogni euro conterà». Sull'onda della commozione davanti a Notre Dame in fiamme, i milioni si sono accumulati soprattutto durante la prima settimana dopo l'incendio, fino a Pasqua. La Fondazione del Patrimonio aveva allora deciso di dichiarare chiusa la sua colletta nazionale. Molti donatori potenziali si sono tirati indietro. «In tanti si sono posti la questione, in effetti», dice oggi Rousselot, secondo il quale la gente continua comunque a donare soldi per Notre Dame, «circa 200mila euro a settimana alla nostra Fondazione».
Difficile per ora dire se davvero, come ipotizzato dopo l'incendio, le donazioni (almeno le promesse) coprano già il costo della ricostruzione. «È possibile», ammette Rousselot, secondo il quale è ora imperativo aspettare e soprattutto «avere un calendario». Difficile che prima dell'inizio del 2020 si possa parlare di ricostruzione. Soltanto una volta smontati i ponteggi, si potrà installare «l'ombrello» che dovrà proteggere Notre Dame dall'acqua e dalle intemperie nei prossimi anni. Per ora soltanto le macerie nei transetti sono state rimosse, la navata è ancora inagibile, per il pericolo di crolli. Altro problema: l'inquinamento legato al piombo, presente in tutta la struttura. Delle analisi sono in corso dopo una prima «ripulitura». Se saranno soddisfacenti, potrà riaprire una parte del sagrato, dove il rettore della cattedrale Patrick Chauvet spera di sistemare una copia della statua della madonna dove i fedeli potranno raccogliersi e incontrare dei sacerdoti. Se davvero i soldi delle donazioni dovessero rivelarsi troppi, Rousselot sogna di destinarli a un fondo permanente per «curare» Notre Dame: «Abbiamo avuto le fiamme, potremmo un giorno avere una tempesta. Meglio essere pronti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino