L'Italia non ha ancora una posizione netta riguardo l'adesione alle Nuove Vie della Seta, il vasto progetto infrastrutturale del presidente Xi Jinping disegnato per...
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L'adesione alla BRI comporta un deciso spostamento geopolitico dell'Italia verso Pechino e naturalmente non piace agli Stati Uniti. Per Washington, il piano lanciato nel 2013 dal presidente Xi è un disegno finalizzato a estendere l'influenza cinese in Europa grazie agli investimenti. Roma in realtà ha puntato ad approfondire i legami con la seconda economia del mondo con la creazione della task force Italia - Cina del Mise affidata a Geraci e già nel 2017 pensava di prendere parte alla BRI. Paolo Gentiloni fu infatti uno dei pochi politici occidentali a presenziare al primo vertice sulla Belt and Road. La firma del memorandum di intesa era attesa a novembre 2018 quando l'Italia ha partecipato alla China International Import Export di Shanghai. La decisione venne rimandata ad aprile 2019 perché in ballo c'era la storica e fondamentale alleanza con gli Usa, che per rispondere ai piani di Pechino hanno varato la strategia dell'Indo-Pacifico.
A dare uno scossone alle voci sull'affare di cui si discute dunque da tempo tra Pechino e Roma è intervenuto Garrett Marquis sul Financial Times, rompendo il silenzio apparente sulle riserve Usa in merito all'adesione italiana alla BRI. Marquis, portavoce del Consiglio sulla sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha esortato apertamente l'Italia a non prendere parte alle Nuove Vie della Seta. «Siamo scettici sul fatto che il sostegno del governo italiano porterà benefici sostanziali agli italiani - ha detto Marquis - e potrebbe finire per danneggiare la reputazione globale dell’Italia sul lungo periodo». Gli ha risposto il portavoce agli Esteri di Pechino: «Gli Usa pensino agli affari propri. La posizione americana fa sorridere. L'Italia sa benissimo quali politiche servono i suoi interessi e può prendere decisioni in maniera indipendente».
A fare gola all'Italia sono gli investimenti cinesi greenfield nei porti italiani, a cominciare da quello di Trieste, che porterebbero utili all'Italia, anello di collegamento naturale tra l'Asia, l'Africa e il Nord Europa. Tuttavia, il progetto faraonico della BRI sta incontrando numerosi ostacoli di natura politica e la Cina, di solito aperta agli investimenti nelle infrastrutture, avrebbe problemi a comprendere i tentennamenti italiani verso le grandi opere. A frenare l'Italia, inoltre, non è solo l'eventuale rottura della tradizionale amicizia con Washington, ma anche le riserve di Bruxelles sulla trasparenza degli investimenti cinesi. La Commissione Europea ha esortato l'Italia a «rispettare l’unità dell’Ue» nell'attuazione delle scelte politiche verso la Cina. Proprio quando Xi Jinping sbarcherà in Italia, tra il 21 e il 22 marzo, si terrà a Bruxelles il Consiglio Europeo, in parte dedicato alla preparazione del vertice UE-Cina fissato per il 9 aprile. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino