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La variante Omicron continua a spaventare il Regno Unito: il livello di allerta è stato alzato da 3 a 4 e nella serata di ieri Boris Johnson in un messaggio alla nazione ha comunicato di aver potenziato ulteriormente il piano vaccini. A tutti i cittadini dai 18 anni in su sarà offerta la terza dose – purché siano passati almeno tre mesi dalla seconda – entro la fine di quest’anno e non entro la fine di gennaio come annunciato due settimane fa. Ha parlato di «una nuova ondata» e di «emergenza», con i numeri di contagi che raddoppiano ogni due – tre giorni e un precedente, quello sudafricano, che non promette nulla di buono: qui i ricoveri sono raddoppiati in una settimana.
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I nodi per Johnson
«Non bisogna commettere l’errore di pensare che la Omicron abbia conseguenze meno gravi», ha sottolineato nel suo messaggio precisando come l’elevata contagiosità rischi di mettere in seria difficoltà il sistema sanitario nazionale (NHS). Che nella campagna vaccinale sarà coadiuvato dai militari. La nuova variante però sta rappresentando un tema delicato anche per il suo futuro politico. Comincia oggi la settimana più complicata di tutto il suo mandato. Il primo grande scoglio sarà martedì, quando una sessantina di membri del partito conservatore ha promesso di votare contro le misure restrittive che il governo vuole implementare per frenare la variante: obbligo del Covid pass (documento che certifica la vaccinazione o un tampone negativo nelle ultime 24 ore) per i luoghi affollati e introduzione della mascherina al chiuso.
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La guerra anti-Johnson
In aggiunta, scrive il Times, una fronda di fedelissimi di Theresa May starebbe preparando una lettera per chiedere di votare la sfiducia a Boris Johnson se alle elezioni di giovedì prossimo nel North Shropshire i Tories perderanno contro i Liberal Democratici. Una presa di posizione che gli alleati di Johnson hanno soprannominato “Operation Revenge”, ovvero “Operazione vendetta” contro il mancato supporto di Boris Johnson alla May durante i negoziati con l’Europa. Stando al quotidiano britannico quest’ultima ha guidato una vera e propria guerra contro Johnson nell’ultimo anno, criticandolo pubblicamente per la sua gestione di diverse questioni, da quelle internazionali relativa alla Brexit a quelle economiche della pandemia.
Le dimissioni
Per i laburisti però questa è l’ennesima dimostrazione di quanto il leader conservatore sia inadatto alla guida del paese: Angela Rayner ha accusato Johnson di promuovere «una cultura che si disinteressa delle regole». Per Keir Starmer l’inquilino di Numero 10 «è il peggior leader possibile nel peggior momento possibile». Nei giorni precedenti una delle collaboratrici più strette di Johnson, Allegra Stratton, era stata costretta a dimettersi. Un video la ritraeva mentre ironizzava sulla festa di Natale del 18 dicembre che era stata organizzata a Downing Street nonostante i divieti imposti al resto del paese. Un party di cui per la prima volta aveva parlato il Daily Mirror all’inizio di questo mese ma di cui Downing Street aveva sempre negato l’esistenza. Nel video – che quindi confermava la festa - la Stratton fingeva di prendere parte a una conferenza stampa in cui presentava il party come un «meeting di lavoro».
Stando al racconto di chi vi ha preso parte, almeno quaranta le persone avevano risposto all’invito mandato via email e whatsapp dagli organizzatori. «Eravamo vicinissimi uno all’altro – ha spiegato una fonte al quotidiano britannico – se sembra una festa, c’è odore di alcol e va avanti fino alle due di notte… è una fottuta festa»
Nel frattempo, il Times ipotizza chi potrebbe prendere il posto di Boris Johnson e passa in rassegna i fidatissimi ministri del suo governo: Rishi Sunak, economia, Liz Truss, esteri, Priti Patel, interni e Jeremy Hunt, ex ministro della salute.
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