Omicron, picco di ricoveri e terapie intensive dal 23 gennaio: poi il calo. Ma nel Lazio tempi più lunghi

Omicron, il picco di ricoveri e terapie intensive arriverà dal 23 gennaio: poi il calo. Ma nel Lazio tempi più lunghi
Ormai manca davvero poco. Nel giro di qualche settimana - in media - l’intera Penisola avrà toccato il picco dei ricoveri, sia nei reparti di area medica, sia in...

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Ormai manca davvero poco. Nel giro di qualche settimana - in media - l’intera Penisola avrà toccato il picco dei ricoveri, sia nei reparti di area medica, sia in quelli di terapia intensiva

Le date da segnare sul calendario sono due: il 23 gennaio e il 29 gennaio. Tra due giorni in pratica si toccherà il punto più alto degli ingressi in terapia intensiva. Mentre entro fine mese, sarà il turno dei reparti ordinari. Vale a dire che da quel punto in poi, a livello nazionale, la pressione sugli ospedali italiani inizierà finalmente a calare.

Ad evidenziarlo sono le previsioni elaborate dai tecnici del Ceds Digital per Il Messaggero a partire dai dati sull’Rt ospedaliero (riferiti al 19 gennaio), tenendo chiaramente in conto tutte le variabili del caso, come le dosi booster somministrate fino a questo momento, i cittadini non vaccinati e quelli vaccinati con sole due dosi (anche rispetto ad una certa fascia di età), ma anche la prevalenza di Omicron piuttosto che di Delta, la densità di popolazione differente a seconda delle aree della Penisola prese in considerazione. Com’è ovvio infatti, la situazione risulta essere molto variegata e si differenzia nei diversi territori.

Così, ad esempio, se il picco per i reparti ordinari si stima verrà toccato già il 26 gennaio da Lombardia, Liguria e Sicilia (Regioni in cui il boom di contagi si è di fatto registrato prima rispetto ad altre), nel Lazio invece, il picco dovrebbe essere registrato attorno al 10 febbraio. In Abruzzo invece si toccherebbe il 7 febbraio, in Basilicata il 28 gennaio (come anche, in media, a livello nazionale); in Veneto e Sardegna il 25; in Calabria, Campania e Toscana il 30; in Emilia-Romagna invece il 4 febbraio. 

Non solo. In base a queste elaborazioni emerge anche un dato tutto sommato significativo (e piuttosto anomalo rispetto alle ondate precedenti). Il picco dei ricoveri nei reparti di area medica è infatti previsto più in là a livello temporale rispetto a quello atteso per le terapie intensive. 

Un rallentamento nella discesa della curva dei ricoveri ordinari che è senza dubbio legato al costante aumento della copertura vaccinale e alla rapida crescita dei contagi (per cui del grado di immunità naturale della popolazione), ma che appare connesso anche alla prevalenza della variante Omicron rispetto a Delta. Dato che il dilagare di una variante meno aggressiva causa rapidamente una riduzione di casi critici o severi. 

Tant’è che, a guardare i dati (ancorché non completi), sembra registrarsi una certa correlazione nel persistere della variante Delta in aree dove la percentuale della popolazione non vaccinata è maggiore, e anche dove l’incremento dei tassi di occupazione delle terapie intensive.

Nelle nove regioni (Basilicata, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Molise, Trento, Puglia, Toscana e Umbria) in cui si registra una copertura vaccinale più elevata, con una media superiore al 90 per cento, la prevalenza di Delta è mediamente pari al 10,9 per cento e le terapie intensive invece, sono occupate in media al 14,4 per cento.

Al contrario, nelle otto regioni con la più alta percentuale di non vaccinati (in media il 16,5%), la prevalenza della variante Delta è ancora mediamente pari al 25,9 per cento e le terapia intensive sono occupate in media al 19,5%. Vale a dire che in Abruzzo, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Provincia autonoma di Bolzano, Pimonte e Sicilia, a fronte di una popolazione meno vaccinata, si registra una maggiore circolazione della variante Delta che, essendo più aggressiva, porta ad un numero maggiore di ricoveri. 

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Il Mattino