Botti di fine anno e Capodanno piuttosto traumatico per la squadra che cura la comunicazione di Papa Francesco, forse tra tutti i settori quello che finora è stato...
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Il giorno di San Silvestro, poco prima che il Papa celebrasse il Te Deum, l’ultimo atto di una crisi che si respirava nell’aria, è esplosa. Fragorosa. Il portavoce Greg Burke si è dimesso da capo dell’ufficio stampa. In contemporanea la sua vice, la spagnola Paloma Garcia Ovejero – la prima donna chiamata da Francesco a co-dirigere la struttura e volto del rinnovamento del settore – ha fatto la stessa cosa, senza che all’esterno venisse fornita dal Vaticano alcuna spiegazione ufficiale. Contestualmente veniva comunicata la nomina ad interim del sostituto di Burke, Alessandro Gisotti, un giornalista della Radio Vaticana.
Burke, statunitense ed ex corrispondente della Fox News, membro dell’Opus Dei, era stato chiamato a lavorare in Vaticano nel 2012 per curare il profilo Twitter di Benedetto XVI, e per aiutare la Segreteria di Stato a gestire un passaggio difficile del pontificato pesantemente segnato dagli scandali di Vatileaks. Papa Francesco – una volta eletto - ha scelto di confermarlo mandando in pensione padre Federico Lombardi, il gesuita che ha gestito per anni la Radio Vaticana e che non sempre si è trovato in sintonia con il modus operandi di Bergoglio. Burke, ieri, in un tweet, ha voluto ringraziare coloro che hanno mandato pensieri gentili a lui e a Paloma, aggiungendo una frase sibillina: «prima di prendere questa decisione entrambi abbiamo pregato per mesi, ma ora siamo in pace e sereni».
Che un cambiamento fosse nell’aria si avvertiva anche all’esterno. Erano troppi i problemi che si erano accumulati. Dalla traumatica uscita di scena di don Dario Viganò, ex prefetto della Segreteria della comunicazione, consumatasi nell’arco di pochi giorni, dopo la gaffe della lettera di Ratzinger ritoccata ad usum delphini, al recentissimo siluramento del direttore dell’Osservatore Romano, Gian Maria Vian, un colto professore di patristica che dopo 11 anni di lavoro si è visto liquidare dal nuovo prefetto della Comunicazione, Paolo Ruffini con metodi decisamente inusuali per i felpati ambienti d’Oltretevere, tanto da dover mettere una toppa al buco con una tardiva lettera papale di ringraziamento.
Il suo posto è andato a un professore di liceo romano, amico di padre Antonio Spadaro, il gesuita che dirige Civiltà Cattolica e che si è ritagliato un ruolo importantissimo nell’entourage di Francesco come spin doctor in materia di comunicazione. L’altra nuova nomina che il Papa ultimamente ha voluto per consolidare la squadra è quella di Andrea Tornielli, il vaticanista conosciuto quando era arcivescovo di Buenos Aires e al quale ha affidato il coordinamento di tutti i settori, per dare un assetto unitario all’informazione e garantire maggiore sinergia.
Una mission impossible che in passato è risultata ardua per via delle tante realtà esistenti (e autonome): il Ctv (il centro televisivo vaticano ribattezzato Vatican media), la radio, la sala stampa, l’ufficio informazioni in Segreteria di Stato e la segreteria per la comunicazione. Troppe voci, troppe teste, troppi pareri. Il settore ha continuato così a sviluppare debolezze che poi si riversavano negativamente sull’immagine del pontificato. Le divergenze sono sempre state tenute sotto traccia. Fino alle ultime nomine e alla decisione di Burke e Paloma Garcia Ovejero di rassegnare le dimissioni (subito accettate da Francesco). Leggi l'articolo completo su
Il Mattino