Città del Vaticano - «La fiducia nella Chiesa si è rotta per i nostri errori e peccati». Le vittime sono state «crocifisse». Il Papa ha...
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Sull’aereo che lo riportava a Roma dalla visita in Cile e in Perù, Papa Francesco aveva dovuto correggere il tiro, innanzitutto chiedendo scusa alle vittime abusate per averle offese, come se la loro parola non fosse sufficiente per essere una prova, e poi mandando in Cile un suo incaricato – il vescovo Charles Scicluna – a raccogliere prove e tentare di fare chiarezza con una ulteriore indagine, un supplemento di ricerca indipendente dall’influenza dei cardinali e dei prelati amici di Barros. In Cile in questi mesi le polemiche non si sono placate, ci sono state manifestazioni e altre proteste anche nelle chiese. Un movimento di popolo teso a portare alla luce la verità, spesso inquinata da una rete omertosa, preoccupata di non dare scandalo nella Chiesa più che non ad assicurare alla giustizia gli orchi.
Papa Francesco nella lettera ha anche invitato in Vaticano i tre principali accusatori del vescovo Juan Barros al quale hanno sempre imputato di essere responsabile di aver coperto gli abusi di Fernando Karadima. James Hamilton, Juan Carlos Cruz e José Andrés Murillo, sono stati definiti da Bergoglio delle vittime crocifisse «e questo mi crea dolore e vergogna». A maggio, a Roma, arriverà anche il vescovo Barros e gli altri vescovi del paese per formulare le dimissioni e avere con loro un chiarimento, a tu per tu.
Monsignor Charles Scicluna al termine della indagine aveva redatto un corposo documento, ascoltando 64 testimonianze. Le vittime, di contro, hanno riconosciuto la grande capacità di ascolto di Scicluna e si sono confidate con lui, senza alcuna remora. Al Papa è arrivato il documento top secret e, di conseguenza, la decisione trasmessa tramite lettera all’episcopato cileno.
Il cattolicesimo in Cile è attraversato da tempo da una grave crisi. Il declino è in gran parte dovuto anche alla pessima gestione, da parte dei vescovi, dei numerosi casi di pedofilia. Casi che hanno coinvolto sacerdoti, tra cui vescovi, legati a Karadima, oggi condannato definitivamente per delitti gravissimi su minorenni, ma mai ridotto allo stato laicale dalla Chiesa.
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Il Mattino