ROMA Le ostilità le aprono a suon di bordate Bersani e D'Alema. E a Renzi fischiano le orecchie. Il primo: «Avevamo visto giusto che c'era un'onda di...
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E se Renzi punta insiste preme per elezioni al più presto, D'Alema delinea a sua volta una sorta di strategia del rosolamento del premier congelato in tre tappe: niente dimissioni, niente congresso né elezioni anticipate, «si può arrivare responsabilmente alla scadenza naturale del 2018». La minoranza interna del Pd è in gran fermento in vista della direzione convocata in un primo momento per oggi e slittata a domani. Al congresso del partito, quando sarà, intende arrivarci pronta e con il candidato anti-Renzi all'altezza: è in atto un forte pressing su Michele Emiliano perché si candidi alla segreteria, passando così dall'ostilità politica aperta all'attuale leader (vedi referendum sulle trivelle, o le continue dichiarazioni sul Pd che «non dev'essere il partito dei banchieri») alla scesa in campo diretta per contrastarne la leadership. Una candidatura finora sussurrata ma in fieri, tanto che nella maggioranza non fanno spallucce, anzi, è uno dei motivi che spingono i renziani a convincere Matteo a restare in lizza.
«Contro Emiliano un Franceschini perde, lo stesso con Orlando, solo con Renzi si vince», spiegano nella cerchia ristretta. La minoranza interna ha anche fiutato l'aria che tira in giro dentro il partito, che non è di entusiasmo, diciamo, per la scelta del No dei due ex leader, non ci sono in periferia scene di giubilo per la sconfitta dell'odiato referendum, e insomma questo Pd in buona parte cambiato dai tempi di Bersani e D'Alema e oggi molto renziano, non pensa di passare alle pacche sulle spalle per il comportamento di Speranza e soci apertamente ostile al proprio premier-segretario e al proprio governo.
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