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Lui c’era sempre. Se avevano bisogno di parlare, per dubbi o smarrimenti, ma anche se servivano i soldi per piccoli-grandi obiettivi: il telefono costoso, le spese per la patente. Lo chiamavano “zio”. C’era anche per le famiglie dei ragazzini, sin da quando erano piccolissimi, come autorevole punto di riferimento. E invece, come hanno ricostruito le indagini coordinate dalla pm Arianna Armanini della procura di Tivoli, M.C., 46 anni, professore di religione con vari incarichi nell’Azione cattolica e nella Diocesi, oltre che per un periodo vicepreside in una scuola del posto, avrebbe abusato di alcuni suoi alunni, approfittando di campi scuola e gite.
È indagato per violenze sessuali, reiterate per anni, sin da quando avevano tra i 10 e i 15, commesse non solo in zona ma anche in altre città d’Italia, come Loreto o Firenze. Quattro i casi alla base dell’ordinanza di custodia cautelare che lo ha posto agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico dopo le indagini del commissariato di Tivoli, diretto da Paola Pentassuglia. Nell’interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere. In corso approfondimenti tecnici su telefono e pc che gli sono stati sequestrati.
Immagini hard agli studenti, sequestrate le foto sul cellulare del prof di religione
L’ORIGINE DELLE INDAGINI
Se il caso è emerso è perché un ragazzino, diventato maggiorenne, ha scelto la via del coraggio per ribellarsi al suo tormento: a marzo ha denunciato tutto alla polizia, bucando la “nebbia” che aveva tenuto in sordina i primi segnali, già nel 2019. Tanto che solo nel 2021 si arriva alla revoca degli incarichi, ma «per motivi personali». E il professore trova un altro lavoro in una casa famiglia romana che accoglie minori disagiati, dove si sarebbe verificata la quarta violenza contestata nell’ordinanza. In campo, per un’indagine lampo, gli investigatori del pool anti-violenza di Tivoli, guidati dal sostituto commissario Davide Sinibaldi.
I fatti emersi li ha ricostruiti ieri il procuratore capo di Tivoli Francesco Menditto.
L’OMERTÀ
A marzo scorso la denuncia. «Questo giovane ha sfidato un muro di omertà – ha sottolineato Menditto – anche grazie ad un contorno familiare che lo ha convinto a denunciare. Dalle indagini è emerso, infatti, un clima di sostanziale diffidenza nei confronti delle vittime. Non facciamo processi a nessuno. Sicuramente il sacerdote non ha l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria. Ma il Papa ha dato chiare indicazioni per la collaborazione con le autorità civili. Per esempio dando le carte, se le avessimo avute subito forse si sarebbe potuto intervenire prima».
Il vescovo, Mauro Parmeggiani, ieri è intervenuto con una nota: «Appena appresa la notizia di un presunto abuso fu inviata immediata segnalazione all’autorità di pubblica sicurezza. Ricevuta poi la denuncia in sede canonica da parte dei genitori della medesima presunta vittima, è stato immediatamente revocata l’idoneità all’insegnamento della religione cattolica e da allora non ricopre più alcun incarico pastorale nella diocesi. Il vescovo esprime il proprio dolore e quello della chiesa locale, insieme alla vicinanza e intima sofferenza verso coloro che soffrono in questo frangente».
Il Mattino