Referendum, così i fake diventarono news

Referendum, così i fake diventarono news
Se ci siano i russi dietro le innumerevoli bufale che girano sul web e che puntano a destabilizzare il dibattito politico in Italia non esistono ancora evidenze certe. Eppure,...

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Se ci siano i russi dietro le innumerevoli bufale che girano sul web e che puntano a destabilizzare il dibattito politico in Italia non esistono ancora evidenze certe. Eppure, riavvolgendo il nastro della campagna elettorale del referendum costituzionale dello scorso anno, di fake news ne sono state propagate a migliaia e in alcuni casi sono state cavalcate anche dai leader politici che così hanno dato grado di dignità a notizie false. Basta ricordare le denunce di brogli nei collegi per gli italiani all'estero, il mistero delle schede ritrovate già segnate con la crocetta sul «Sì» o le tessere elettorali abbandonate in fantomatici hangar della periferia romana. Le accuse di Joe Biden sulla possibilità di influenze russe che mirano a condizionare il voto del referendum appaiono piuttosto vaghe, ma chissà che gli apparati americani non siano in possesso di prove che possano confermare tutto.


Del resto l'attività dei siti fake ha avuto il proprio picco alla vigilia della campagna per il referendum costituzionale dello scorso anno. Come per il caso dell'informatico di Afragola che aveva creato decine di siti, non è però possibile decifrare se questa diffusione di notizie false sia opera di personaggi che puntano al clic facile per guadagnare denaro oppure se dietro questi network della bufala ci siano delle mani invisibili. Lo scorso anno, a ridosso del referendum, una serie di siti web con sede legale in Bulgaria producevano fake news a ritmi indiavolati. Una produzione di bufale in quantità industriale: le più riconoscibili quelle di Fidel Castro che avrebbe votato «No» al quesito referendario e Agnese Renzi che confessava al marito il proprio voto contrario. Poi ci sono stati i casi in cui le bufale sono diventate tema di dibattito politico. «Stanno succedendo troppe cose strane dichiarò a Radio Padania il 18 novembre dello scorso anno Matteo Salvini in collegamento da Mosca - ci sono segnalazioni che mi arrivano da tutto il mondo di schede che appaiono e scompaiono». Stessi argomenti utilizzati dal Movimento 5 Stelle che dal blog di Grillo, con un intervento del senatore pentastellato Vito Crimi, titolava con toni allarmistici: «Occhio al voto degli italiani all'estero!». Secondo Crimi era concreto «il rischio che le schede non vengano consegnate agli aventi diritto e che le stesse siano intercettate da qualcuno e usate per esprimere il voto all'insaputa del votante».
Un pericolo che, reale o presunto, era alimentato anche dai siti produttori di bufale. Una delle fake news che circolarono maggiormente fu quella degli immaginari 35 arresti dopo il ritrovamento di milioni di schede già votate. Tutto falso, ma sui social in molti ci cascavano e in quel clima di scontro tra notizie vere, presunte e inventate fu costretto ad intervenire in un question time alla Camera anche l'allora titolare della Farnesina, Paolo Gentiloni, assicurando che «la nostra rete diplomatica e consolare applica la legge in modo corretto e imparziale». Un clima di sospetti irrorato da siti che avevano accuratamente creato pagine molto simili alle testate online dei veri quotidiani. È il caso di «Liberogiornale» o dell'ormai celeberrimo «Fattoquotidiano» che ancora oggi riporta in homepage una fantomatica dichiarazione di Trump sull'Italia governata da incapaci.

 


Sul referendum girava ogni genere di invenzione. «Attenzione all'articolo segreto del referendum: l'Italia dovrà eseguire gli ordini di Bruxelles», era ad esempio uno dei titoli più cliccati che sosteneva che nel quesito referendario ci fosse una norma per abolire la sovranità nazionale. Una bufala circolata massicciamente anche tra le catene di Sant'Antonio su Whatsapp. Fino ad arrivare al must di ogni elezione: l'immancabile matita del seggio che consentirebbe di cancellare la preferenza. E, in quel caso, più che gli hacker russi, furono personaggi dello spettacolo a veicolare la bufala. Piero Pelù denunciò che la matita con cui aveva votato al referendum era cancellabile. Non fu il solo, nel 2013 a lanciare lo stesso sospetto fu il candidato grillino in Emilia Romagna, Matteo Dall'Osso, che fornì pure un illuminante manuale di voto: «Bagnatevi la mano con la saliva scrisse su Facebook - umettate la matita e poi votate, solo così il vostro voto sarà indelebile. La matita copiativa in dotazione alle urne elettorali è completamente cancellabile». La notizia fake che circolò più diffusamente fu però quella delle 500mila schede, già segnate con il «Sì», ritrovate nell'immaginaria località di Rignano sul Membro. Un luogo che probabilmente chiarisce definitivamente come vengano scritte certe notizie. In vista delle prossime elezioni politiche, al di là se dietro queste attività esistano influenze estere, resta ancora tanto lavoro da fare per assicurare un voto realmente libero da bufale.
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Il Mattino