Roma, prosegue la protesta al Cie: migranti in sciopero della fame

Roma, prosegue la protesta al Cie: migranti in sciopero della fame
Si allarga la protesta degli africani ospiti del Centro per gli immigrati di Roma, a Ponte Galeria. Ieri sera altri cinque...

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Si allarga la protesta degli africani ospiti del Centro per gli immigrati di Roma, a Ponte Galeria.


Ieri sera altri cinque stranieri, marocchini, si sono cuciti la bocca emulando il gesto messo in atto da quattro tunisini alcune ore prima. I nove immigrati, costantemente monitorati dai medici, si rifiutano però di rimuovere la cucitura. Al momento gli africani sono comunque in grado di bere e a malapena di parlare perchè hanno cucito la bocca solo in un punto laterale. Il loro sciopero della fame, invece, prosegue.



A quanto hanno appurato i collaboratori del Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni - che settimanalmente accedono alla struttura per verificare il rispetto dei diritti degli ospiti - «i dimostranti sono in buone condizioni, anche se continuano a rifiutare di incontrare gli operatori che gestiscono il Cie». «Quella di Ponte Galeria è una situazione difficile - ha detto il Garante Angiolo Marroni - ma di momenti complessi ne abbiamo vissuti molti, soprattutto quanto la struttura, che da mesi ospita una media di 100 persone, si è trovata a gestire anche 300 immigrati. Ciò che voglio sottolineare è che non siamo di fronte ad una riproposizione di quanto accaduto a Lampedusa. La correttezza e il rispetto dei diritti di chi gestisce il Cie non sono in discussione.



Polemiche per le condizioni della struttura. Al centro delle polemiche finiscono le condizioni della struttura: solo un mese fa, avevo sollevato il problema della fatiscenza del Cie e, in particolare, della mancanza dei riscaldamenti nei moduli abitativi. I fatti di Lampedusa e quanto sta accadendo qui a Roma hanno rilanciato il dibattito sulla necessità di superare i Cie così come sono. Ma per affrontare questa situazione di emergenza non occorrono provvedimenti straordinari, basta solo iniziare ad applicare norme e a portare a regime progetti che esistono già». Il Garante si riferisce ai progetti di rimpatrio volontario assistito (Rav) finanziati dal Ministero dell'Interno «e di fatto inattuati nelle carceri italiane». Altro punto sul quale Marroni insiste è «il superamento dell'inerzia sulle procedure di identificazione degli immigrati in carcere, oggi lasciata alla competenza esclusiva del Ministero dell'Interno. Gli stranieri irregolari detenuti, infatti, alla fine della loro pena vengono portati nei Cie per essere identificati e rimpatriati. L'introduzione di un meccanismo di identificazione già in carcere è la premessa per permettere ai detenuti stranieri di scontare la loro pena nel Paese d'origine e di evitare il successivo passaggio al Cie. Dal punto di vista economico - ha concluso - un immigrato in carcere costa quotidianamente allo Stato 130 euro».



Dei nove immigrati che si sono cuciti la bocca nel Cie di Ponte Galeria, quattro sono tunisini ed ex detenuti mentre cinque, che si sono aggiunti successivamente alla protesta, sono marocchini e clandestini. Lo sottolineano fonti di polizia chiarendo che tre tunisini sono stati in carcere per spaccio mentre il quarto, l'imam, per rapina, lesioni e tentato furto. I tunisini, sostengono le stesse fonti, alla fine della protesta saranno rimpatriati.
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Il Mattino