La Capitale ancora dorme quando in piazza Indipendenza scoppia il caos. Alle prime luci del giorno, una parte del centro di Roma però cambia volto. Una guerriglia urbana,...
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I profughi, molti dei quali richiedenti asilo o rifugiati, hanno continuato ad occupare anche in virtù del fatto che dal Campidoglio cui spetta l'assistenza sociale in casi di sgomberi , le prime risposte a un'alternanza abitativa sono arrivate e con insufficienza in ritardo. L'orologio segna le 5.30 quando i blindati e gli idranti della polizia piombano in piazza Indipendenza. Le autorità, in un primo momento provano ad allontanare i profughi almeno cento assiepati anche nel piccolo lembo di verde della piazza con le buone. Scattano le proteste. Dall'edificio alcuni occupanti lanciano contro la polizia delle bombole a gas. Scoppia il panico. In strada c'è chi tira sassi. La polizia risponde con gli idranti. Seguono le cariche. Circa 70 persone vengono portate negli uffici immigrazione della Questura di via Patini: quattro eritrei e un italiano saranno fermati per resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Più di 300 occupanti, invece, scappano per le strade del quartiere. Si danno alla fuga. Passano alcune ore e pare che gradualmente piazza Indipendenza torni alla normalità. E invece no, un gruppo di profughi, supportato da un codazzo di italiani, alcuni dei quali riconducibili ai movimenti per la casa, poco dopo le 13 irrompe in piazzale dei Cinquecento, a Termini sotto lo sguardo pietrificato di passanti e turisti. I disordini proseguono a suon di grida e lanci di bottiglie. Nella concitazione, pare che un agente della polizia abbia dato l'ordine di spaccare le braccia a chi non voleva fermarsi. La Questura di Roma ha avviato un'indagine interna. Ma l'aspetto più preoccupante riguarda la sicurezza. Se l'edificio di via Curtatone viene finalmente liberato, la stragrande maggioranza di chi lo occupava si perde tra i vicoli di Roma. Alcuni di loro, circa una trentina, tornerà in via Montebello nel pomeriggio.
Mangeranno in strada, con pentole tirate fuori da alcuni ristoranti eritrei e africani di zona.
Il Mattino