Roma, omicidio del boss Femia: un'assoluzione e due condanne in appello

Un sopralluogo della Scientifica sul luogo dell'omicidio
Due condanne, un'assoluzione e una sentenza che in parte ribalta il primo grado di giudizio, che si era chiuso con tre ergastoli. I giudici del processo d'appello per...

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Due condanne, un'assoluzione e una sentenza che in parte ribalta il primo grado di giudizio, che si era chiuso con tre ergastoli. I giudici del processo d'appello per l'omicidio del boss calabrese Vincenzo Femia, hanno prosciolto uno degli imputati per non aver commesso il fatto. Si tratta di  Antonio Pizzata, componente, per l'accusa, della cellula 'ndranghetista che nel gennaio 2013, in località Castel di Leva, all'estrema periferia della Capitale, aveva ucciso il boss. Gli altri due imputati, Massimiliano Sestito e Francesco Pizzata, sono stati condannati rispettivamente all'ergastolo e a 25 ani di reclusione con il riconoscimento delle attenuanti generiche. 


Femia era considerato dagli inquirenti un personaggio di spicco della malavita romana. Aveva precedenti per associazione mafiosa e appartenenza alla cosca di San Luca. Il 24 gennaio 2013 era stato ucciso con una raffica di colpi di pistola mentre era dentro l'auto della moglie. Per gli investigatori, si trattava di un omicidio legato a un contesto mafioso. La svolta nelle indagini era arrivata quando Gianni Cretarola, diventato collaboratore di giustizia, aveva confessato di far parte della gruppo che aveva ucciso Femia. A suo dire, il movente dell'omicidio era un contrasto per la spartizione del mercato della droga nella Capitale. Cretarola era stato giudicato separatamente e aveva scelto il rito abbreviato. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino