Roma. «Si va avanti, concentriamoci sul nostro lavoro». Cauto, garbato e felpato come al solito, Paolo Gentiloni davanti ai ministri ha dedicato solo queste parole...
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Eppure, a palazzo Chigi si respira aria nuova. Anzi, si torna a respirare. Di colpo, evaporato il patto a quattro (Renzi-Grillo-Berlusconi-Salvini) su legge elettorale ed elezioni anticipate, l'orizzonte dell'esecutivo torna di medio termine. È rinviato alla prossima primavera il tempo di fare gli scatoloni. «È ormai molto probabile che si andrà avanti per altri 10-11 mesi», dice uno stretto collaboratore di Gentiloni, «perché è estremamente difficile che riparta la trattativa sulla legge elettorale e il Quirinale è stato chiaro: non si farà alcun decreto, se non a ridosso della scadenza naturale della legislatura. Perché sempre Mattarella non vuole mettere a rischio la sessione di bilancio. E, soprattutto, perché abbiamo tante cose da fare». Concetto ribadito dal ministro Anna Finocchiaro: «Si può ancora fare qualcosa di utile e positivo».
L'agenda è fitta. Il governo ieri ha varato il decreto per il reddito di inclusione con cui contrastare la povertà e quello con «disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno». E alla Camera, da qui alla pausa estiva, saranno votati il nuovo processo penale (con la delega sulle intercettazioni), il sistema-parchi, l'istituzione della commissione d'inchiesta sulle banche, la riforma dei vitalizi dei parlamentari, la legge sulla concorrenza. E, forse, la norma per legalizzare la cannabis. Fitto anche il calendario del Senato: la manovrina economica, il nuovo codice antimafia (si cercano le coperture), lo jus soli (il diritto alla cittadinanza per i figli di immigrati nati in Italia), il biotestamento. Destinate a slittare, invece, la legge sulla legittima difesa e quella sul reato di tortura. Spiegazione di una fonte accreditata: «Sotto attacco dei terroristi nessuno vuole legare le mani alle Forze dell'ordine».
Sulla vita e il percorso di ogni provvedimento peseranno però scorie e veleni dello scontro sulla legge elettorale con sbarramento al 5 per cento. Da una parte Matteo Renzi, dall'altra Angelino Alfano e Pier Luigi Bersani. Il leader centrista ieri ha promesso di garantire la stabilità: «Mattarella e Gentiloni sappiano di poter contare su di noi, siamo affidabili e seri». È seguita postilla: «Ma non siamo più alleati del Pd». Più o meno le stesse frasi e promesse di Articolo 1-Mdp. «Certo, hanno una paura folle delle elezioni e cercano in tutti i modi di evitare qualsiasi incidente», dicono al Nazareno, «ma d'ora in poi ad Alfano e a Bersani faremo digerire l'indigeribile. È evidente che se il governo non va avanti, torna la prospettiva del voto in autunno...». «L'unico che vuole ancora le elezioni anticipate è Renzi, ma non può chiedere a Gentiloni di farsi da parte», aggiunge un alto esponente centrista, «così Alfano e Mdp faranno di tutto per evitare qualsiasi incidente che possa portare alla crisi».
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Il Mattino