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Hanno minimizzato il caso Durigon, sperando che Draghi lo lasci al suo posto. Hanno condiviso la preoccupazione per l'arrivo dei profughi afghani e i dubbi salvinisti sulla condotta del Viminale non lasciano insensibile Berlusconi. Si sono detti che «la federazione dei partiti del centrodestra si farà», ma il nodo Meloni, che è fuori da questo discorso, resta un macigno non facile da superare. Ecco l'esordio di Salvini a Villa Certosa, e con lui a bearsi del paradiso sardo anche la fidanzata Francesca Verdini. Ma soprattutto aleggiava in questo paradiso l'influenza di Denis Verdini. Il quale a chi gli parla dice che «Salvini e Berlusconi hanno bisogno l'uno dell'altro per arginare l'avanzata di Giorgia».
E intanto non rompere con lei: «Che bello vedere la nostra coalizione così unita alle amministrative di ottobre», si sono detti Matteo e Silvio.
A entrambi («Non più sei forze centrodestra che sembrano una squadra di calcetto», dice il capo leghista per il quale la Champions è la conquista del Quirinale) fa gola e tanto l'idea di avere un super-gruppo di centrodestra che diventerebbe di gran lunga il più numeroso in Parlamento: 209 deputati e 114 senatori (e inoltre 200 sarebbero all'Europarlamento) contando soltanto azzurri e leghisti e non anche i cespugli di contorno.
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Super-gruppo per gestire in sintonia e da potenza la partita dell'elezione del successore di Mattarella. «Se entro gennaio avremo questa grande forza parlamentare, e la sapremo far funzionare bene, l'Italia potrà avere il primo presidente della Repubblica non di centrosinistra», questo l'obiettivo condiviso. Naturalmente questa figura Berlusconi immagina sia lui stesso e Salvini glielo fa immaginare. Quel che conta è «muoversi compattamente». Così Matteo e Silvio. Ma resta il nodo Giorgia.
Il Mattino