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Mario Draghi l’ha già detto chiaro ieri, dopo lo strappo di Matteo Salvini che ha fatto disertare ai ministri leghisti il Consiglio dei ministri chiamato a varare la delega fiscale che include la riforma del catasto, e l’ha ripetuto oggi: «Il governo va avanti, l’azione dell’esecutivo non può seguire il calendario elettorale». Ciò significa che nonostante le intemperanze del capo della Lega e i suoi altolà, dettate a giudizio del premier dalle fibrillazioni seguite dalla sconfitta della Lega al primo turno delle elezioni comunali, Draghi non «farà alcun passo indietro», spiegano fonti di governo, «perché quella riforma è parte del Pnrr e dunque indispensabile per incassare le varie trance dei finanziamenti europei». Tanto più, ha tenuto a precisare il premier, che «nessuno pagherà più tasse».
Salvini: «Delega fiscale è patrimoniale». Draghi: «Questo governo non aumenta le tasse»
Salvini rispolvera lo spirito del Papeete
Insomma, la riforma fiscale e quella del catasto andranno avanti. Ci vorranno mesi, come ha spiegato Draghi, per entrare nel dettaglio e riempirla di contenuti, inclusa la rimodulazione dell’Irpef a favore dei ceti medi e meno abbienti. Ma a palazzo Chigi escludono ripensamenti per accontentare Salvini.
Il Carroccio
Il capo della Lega, a causa della batosta subita dal suo partito al primo turno delle elezioni comunali, torna però di lotta. Riesuma lo spirito del Papeete. L’obiettivo: provare a portare alla vittoria il centrodestra a Roma e a Torino, le uniche piazze ancora contendibili e contese. Così cavalca il «no alle tasse», in tandem con Giorgia Meloni.
La strategia
Insomma, in vista dei ballottaggi de 18 e 19 ottobre Salvini torna leader di lotta e di governo nel disperato tentativo di risalire la china. Ma non è un caso che ripeta di non avere alcuna intenzione di uscire dall’esecutivo. Questa via di fuga, anche se annusata da tempo, gli è preclusa: i ceti produttivi del Nord cui danno voce il ministro Giancarlo Giorgetti e i governatori Luca Zaia (Veneto), Attilio Fontana (Lombardia), Massimiliano Fedriga, non hanno alcuna intenzione di uscire dalla gestione degli oltre 200 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
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Il Mattino