Sanità, i dirigenti rischiano il posto per le liste d'attesa

Sanità, i dirigenti rischiano il posto per le liste d'attesa
Dopo il tour nei pronto soccorso e l'istituzione di un tavolo ad hoc con le Regioni sulla gestione delle prime linee degli ospedali, il ministro della Sanità Giulia...

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Dopo il tour nei pronto soccorso e l'istituzione di un tavolo ad hoc con le Regioni sulla gestione delle prime linee degli ospedali, il ministro della Sanità Giulia Grillo affonda ora il bisturi nel bubbone delle liste di attesa. Due nodi al pettine soprattutto al Sud, in fibrillazione per le conseguenze dell'autonomia differenziata. «Pur lasciando l'autonomia ai governi locali - chiarisce Grillo - il ministero garantirà il monitoraggio costante dei percorsi diagnostico-terapeutici e delle prestazioni ambulatoriali libero-professionale (l'attività privata intramoenia ndr). Questo nuovo Piano è diretto innanzitutto ai pazienti».

 
L'Osservatorio nazionale sulle Liste di attesa sarà la cabina di regia per assicurare ai cittadini un monitoraggio effettivo sui servizi sanitari «e quindi sull'applicazione concreta del diritto alla salute e sarà anche uno stimolo per le Regioni» dice Grillo. La sfida è per i direttori generali di Asl e ospedali: le liste d'attesa saranno al primo posto del loro mandato e potranno essere rimossi dall'incarico se non centreranno gli obiettivi connessi agli adempimenti dei Lea (Livelli di assistenza).

Con alcune novità sostanziali e una dote finanziaria di 350 milioni, il nuovo Piano nazionale prevede per la prima volta un tetto di attesa massimo per prestazioni non urgenti: 120 giorni per le attività in ambulatorio e 12 mesi per i ricoveri. Immutati invece i tempi massimi per le altre prestazioni. Le classi di priorità ambulatoriali restano da U (Urgente entro 72 ore) a B (Breve entro 10 giorni) a D (Differibile da eseguire entro 30 giorni per le visite o 60 per la diagnostica. Anche qui la novità è che tali tempi massimi non riguarderanno solo alcune prestazioni traccianti (erano 58 di cui 14 specialistiche, 29 di diagnostica strumentale, 15 per interventi chirurgici in day surgery o in regime di ricovero ordinario a cui si aggiungevano 5 prestazioni in regime di ricovero diurno e 10 in regime ordinario). «Grazie ai 350 milioni previsti in Legge di Bilancio per il triennio 2018-20 aiuteremo i territori a potenziare i servizi di prenotazione implementando i Cup digitali e tutte le misure per rendere più efficiente il sistema. A Sud e a Nord, le regole saranno uguali per tutti e che la Costituzione garantisce».

Molte le novità in cantiere: le prestazioni successive al primo accesso saranno prescritte direttamente dallo specialista, il paziente che non dovrà più tornare dal medico di famiglia per la prescrizione. Prevista l'accessibilità dei cittadini alle agende di prenotazione delle strutture pubbliche e private accreditate, anche quelle dell'attività intramuraria. Tutte saranno gestite dai Cup. Le Regioni entro 60 giorni dovranno dotarsi di strumenti idonei a rispettare la noma. Nei Piani dovranno essere riportati i tempi massimi di attesa di tutte le prestazioni ambulatoriali e in regime di ricovero prevedendo, per esempio, l'utilizzo delle grandi apparecchiature di diagnostica per immagini per almeno l'80% della loro capacità produttiva.


In Campania i dati a fine 2018 riguardo alle prestazioni traccianti del vecchio piano nazionale sono in netto miglioramento (tempi ridotti di un terzo). Migliora l'accesso alle cure oncologiche e quelli per le prime visite e le urgenze. Il Cardarelli ha impiegato il 5 per cento del gettito dell'intramoenia per comprare prestazioni extra da medici e chirurghi che hanno potuto smaltire in extra-orario di lavoro buona parte delle code accumulate. Assunzioni mirate e sedute straordinarie in ambulatorio, svolte anche al pomeriggio e il sabato, hanno avuto lo stesso effetto al Monaldi abbattendo le code in pneumologia e cardiologia. Bene anche i policlinici ma le carenze di personale, medici e infermieri, pesano per le attività chirurgiche soprattutto in strutture che, come il Cto, hanno il pronto soccorso. Qui lo stop alle attività delle Ortopedie è scattato già per tre volte, nel 2018 e ci sono pazienti in attesa per interventi ai legamenti del ginocchio da oltre un anno che finiscono per emigrare. Situazione comune anche alla Asl Napoli 1 che sconta una cronica carenza di anestesisti, ortopedici e chirurghi. «Il Cto - avverte il sindacato Anaao - ha avuto per anni una vocazione ortopedica e traumatologica e oggi è costretto a sostenere un'attività generalista di emergenza. Da un lato mancano i medici di pronto soccorso, dall'altro gli ortopedici. I tempi di attesa che finiscono per alimentare il privato». E qui la questione incrocia inevitabilmente la difformità di offerta sanitaria tra i sistemi sanitari del sud rispetto al nord considerato che il Mezzogiorno ha meno posti letto e personale, ma anche risorse, rispetto alla media nazionale. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino