«Ho fatto inversione di marcia e mi sono precipitato. Non la vedevo al posto di guida. Speravo fosse uscita da sola. Per un momento ho sperato. Poi ho aperto lo sportello e...
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Su quella strada maledetta Nicola la precedeva sulla propria auto. Ancora 700 metri e sarebbero arrivati a casa. Sara, che viveva al 109 di viale San Marco a Mestre con la sorella maggiore Chiara e il fratello Gabriele. Fra le persone più care, lo zio Giorgio. Era la prima domenica di riposo dopo 36 giorni consecutivi di lavoro nel loro bar, il Chiringuito di via Fratello Rondina, in centro a Mestre. Lo avevano aperto insieme appena lo scorso luglio. Un sogno diventato realtà. Il nome scelto perché il loro amore era sbocciato durante una vacanza in Spagna. «Non si meritava una fine così. Nessuno se lo merita, ma Sara più di tutti. Ha dovuto combattere fin da piccola. Lasciare la scuola e andare al lavoro perché il papà operaio a Porto Marghera si era ammalato. Era il suo idolo. Io l'ho conosciuta qualche mese dopo che era morto, stroncato da un tumore. Lei lo aveva accudito fino all'ultimo. Un colpo durissimo da sopportare. Ma aveva reagito. Come sempre. Con il sorriso grande che le si rifletteva negli occhi azzurro cielo, profondi e rassicuranti. Da lui aveva imparato che il lavoro è libertà e dignità e lei il suo mestiere lo adorava».
Via Caltana, la strada maledetta a Santa Maria di Sala
Nicola fatica a parlare, la voce spezzata dai singhiozzi, dal dolore lancinante. Le aveva regalato l'anello di fidanzamento a Capodanno, quello che la nonna aveva ricevuto dal nonno, quello che suo padre aveva affidato a sua madre. «Per noi doveva essere l'anno della svolta. Avviato il bar, volevamo un figlio, costruire una famiglia. La nostra. Convivere. Non capirò mai - continua - perché ha provato a fare anche il secondo sorpasso. Dallo specchietto retrovisore ho visto che si è spostata in centro strada per poi rientrare, e dopo si è buttata fuori ma era come se la marcia fosse bassa. Sara aveva una guida sportiva ma non era incauta. È vero su quel tratto c'è il limite dei 50 ma è un rettilineo che ti invoglia. Più dei 70 non correva...».
Al mattino erano andati a Ca' Solaro ad addestrare il loro nuovo cane, Ares, un dogo. Poi erano tornati a Caltana per pranzare. A metà pomeriggio di nuovo a Mestre, sempre con Ares: avevano appuntamento con altri amici appassionati di cani. La cena a base di sushi in viale Ancona e poi il ritorno a Caltana: «Mi aveva detto vuoi che dormo da te stasera? Siamo passati a prendere la sua Lancia Y perché il mattino seguente sarebbe dovuta partire prima per aprire il bar alle 8. Io davanti lei dietro. Ancora 700 metri e saremo stati al sicuro insieme...». Su fb, ha scritto sulla foto che li ritrae felici insieme Ti amo amore, rip, ci rincontreremo: «Lei in realtà mi diceva sempre ti ramo pore', era il suo modo di prendermi in giro e di dirmi quanto fosse importante il sentimento che ci legava».
Monica Andolfatto Leggi l'articolo completo su
Il Mattino