Mentre Berlusconi corteggia l’attuale ministro dello Sviluppo economico (ma Parisi è andato all’estero?), Renzi sembra invece inseguire la Cgil (mentre non...
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E minaccia di farlo in occasione del varo del Documento di economia e finanza, nel quale debbono trovare posto le misure per evitare la procedura d’infrazione minacciata dalla Commissione Ue. Avrebbe posto il veto sull’aumento delle accise: ed anche il suo commento al documento firmato sabato in Campidoglio non risparmia critiche all’austerità pretesa dagli eurocrati.
D’altronde «un governo si regge sui voti», ha detto la vice di Calenda Teresa Bellanova («renziana di ferro», come la definisce il Corriere che l’ha intervistata domenica): e l’aumento delle imposte (di qualsiasi imposta) non è il viatico migliore per un governo che al massimo entro un anno dovrà sottoporsi al giudizio degli elettori.
Ma non sono solo le elezioni politiche a preoccupare il vertice del Pd (Gentiloni incluso). È piuttosto il timore di avere nemici a sinistra, secondo uno schema che da almeno cent’anni è croce e delizia delle sinistre di governo, e che Renzi sembrava si fosse lasciato alle spalle: un timore specialmente acuto alla vigilia di elezioni comunali in cui – nell’intrico di alleanze locali propiziato dal maggioritario – hanno ancora voce in capitolo non solo le residuali sinistre radicali, ma anche e soprattutto gli scissionisti del Pd.
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