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Forse non salteranno su treni in corsa e non si troveranno a sorseggiare Vodka Martini nel bel mezzo di una sparatoria. Di certo però per gli 007 italiani si apre ora una nuova era. Fra le pieghe del dl-Aiuti bis appena approvato dal Senato c’è infatti un emendamento che promette di rivoluzionare il nostro comparto intelligence. Porta la firma di Adolfo Urso, senatore di FdI e presidente del Copasir, ma ha incassato un consenso bipartisan. La norma inserita al fotofinish (art. 42) permette all’Aise, l’agenzia del Servizio esterno, di «impiegare proprio personale» per svolgere «attività di ricerca informativa e operazioni all’estero».
Un via libera alle operazioni sotto-copertura: da ora in poi gli agenti dell’Aise potranno agire da “infiltrati” in Paesi stranieri. Una svolta decisiva e per niente scontata. Certo, da sempre gli operativi dell’intelligence italiana possono raccogliere informazioni e svolgere missioni all’estero. E in alcuni Paesi considerati strategici per Roma, dalla Libia all’Iraq, l’Italia è presente in forze anche con le sue barbe finte. In Afghanistan, per dire, la rete di informatori dei Servizi italiani era seconda solo a quella americana. C’è un ostacolo però: finora gli agenti potevano operare solo come funzionari accreditati presso l’ambasciata di turno. Un laccio che col tempo si è dimostrato troppo stretto. Di qui l’intervento per allentarlo. Le operazioni undercover sono un must dello spionaggio a cui ricorrono da decenni le principali agenzie di intelligence del pianeta, dalla Cia al Kgb. E da sempre affascinano l’immaginario pubblico grazie a spie infiltrate diventate iconiche, dalla danzatrice Mata Hari all’agente israeliano Eli Cohen, da Julius Rosenberg, l’americano che durante la Guerra fredda spifferava a Mosca informazioni sull’atomica a Lawrence D’Arabia. Senza contare l’eterna spia del cinema al servizio di Sua Maestà, James Bond. Con la nuova norma, l’Italia accorcia le distanze e recupera un lungo ritardo.
Un intervento auspicato da anni dal comparto. E difeso tra gli altri dall’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga e poi da Massimo D’Alema ai tempi della presidenza Copasir. Adesso un primo mattone è stato posato ma il dossier dovrà finire presto sulla scrivania di Palazzo San Macuto. Perché saranno i decreti attuativi e i regolamenti a disciplinare con estrema precisione quando e come gli 007 italiani potranno prestarsi a operazioni simili. Così come andranno definiti i dettagli di un’altra norma nel Dl-Aiuti bis che impone all’intelligence un salto di qualità. E cioè il semaforo verde per «l’adozione di misure di intelligence di contrasto in ambito cibernetico». Tradotto: non solo i Servizi italiani avranno i mezzi per difendere il Paese da attacchi cyber ma potranno, in alcuni casi, sferrare attacchi preventivi contro minacce.
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