Svolta M5S, Grillo a Di Maio: «Con la Lega forse è meglio finirla qui»

Svolta M5S, Grillo a Di Maio: «Con la Lega forse è meglio finirla qui»
La rivoluzione del M5S non è un pranzo di gala, ma un menù a base di pesce con tagliolini agli agrumi sulla terrazza dell'Hotel Forum, vista sul Colosseo. In...

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La rivoluzione del M5S non è un pranzo di gala, ma un menù a base di pesce con tagliolini agli agrumi sulla terrazza dell'Hotel Forum, vista sul Colosseo. In quattro ore di incontro Beppe Grillo, Davide Casaleggio e Luigi Di Maio hanno gettato le basi per «innovare» il Movimento. Tutto ruota sulla caduta del tabù del secondo mandato, «l'ultimo lascito di Gianroberto» annotano i romantici diventati ora eretici. Come spiega Di Maio, per candidarsi in Parlamento l'esperienza da consigliere comunale non varrà. Dunque per fare un esempio: la sindaca di Roma Virginia Raggi (ma anche quella di Torino, Chiara Appendino) sulla carta potranno, finito il mandato, approdare alla Camera o in Senato. La situazione è fluida e complicata da far digerire proprio a Casaleggio junior e «comunque passerà dal voto di Rousseau».

 
La deroga che serve a creare una classe dirigente «al livello della Lega», come ammettono diversi parlamentari M5S, investe anche il ruolo dei sindaci. Le cariche potrebbero sommarsi in un conto distinto: dunque sempre Raggi, se passerà questo principio per le città medio grandi, potrebbe ambire anche al secondo mandato in Campidoglio. Sfaccettature certo, di una rivoluzione ben più vasta che entra nella carne viva di un Movimento sospeso tra il crollo dei consensi e i rapporti burrascosi con la Lega.

In questo scenario sul tavolo - anche se nessuno ha coraggio a esporlo alla luce - c'è anche il ruolo della compagine di governo dei 5 Stelle. Se la situazione dovesse precipitare, la regola del secondo mandato varrebbe per i parlamentari eletti che non hanno concluso la legislatura? In poche parole: in caso di nuove elezioni Di Maio non potrebbe ricandidarsi, pur rimanendo il capo politico. Di sicuro anche questa è un'arma in mano a Salvini perché fino a oggi sa che può agitare lo spettro della crisi sapendo che «Luigi» in caso di ritorno alle urne sarebbe fuori dai giochi. Ecco, su questo tema, dirimente, è in corso una riflessione. Anche perché Grillo è preoccupato e avrebbe confessato ai «due ragazzi» la tentazione di staccare la spina al governo gialloverde: la paura di scendere sotto il 20% alle Europee è palpabile.


«Inizieremo una discussione con i nostri iscritti sia sull'organizzazione sia su alcune regole che riguardano i consiglieri comunali», è l'annuncio del vicepremier. Che si è trovato faccia a faccia con Grillo dopo gli ultimi giorni molto tesi, marcati dalle punzecchiature del Garante. Casaleggio ha comunque ottenuto che il ruolo della piattaforma Rousseau (a cui i parlamentari dovrebbero versare 300 euro al mese) rimarrà centrale anche in questa nuova fase. Dunque il pranzo di ieri, oltre a rasserenare le tensioni interne, è servito per tracciare tutti gli scenari e le possibili strategie, consapevoli che la Lega continua a cambiare i pesi nella bilancia della maggioranza e che il Pd punta al secondo posto alle Europee. Grillo ha ben chiara la situazione ecco perché è quello più preoccupato. Il voto sul caso Diciotti ha lasciato il segno. E ora c'è il rischio che per il secondo grado, il passaggio in Aula, si acuiscano nuove tensioni. Chi non seguirà la linea uscita da Rousseau sarà fuori, dice Di Maio. «La nostra forza è la partecipazione della democrazia diretta, sono contento se si senatori si adegueranno al voto online», sottolinea il leader 5 Stelle. Concetto che, poche ore prima, Paola Taverna su Facebook traduceva attaccando i dissidenti bollati come «una pletora di miserabili» e invitandoli a dimettersi e andar via. «Noi difendiamo i principi, è chi cambia idea su tutto che dovrebbe lasciare», replica la senatrice Paola Nugnes. Ma la sua espulsione - e quella di Elena Fattori - in caso di voto in dissenso in Aula sul caso Diciotti è di fatto già scritta. Ma anche questa è una sfaccettatura. Domenica si vota in Sardegna (data per persa), dove oggi farà tappa Di Maio. Prima però dovrebbe incontrare a Palazzo Chigi l'ambasciatore francese Christian Masset, ritornato a Roma dopo lo strappo con l'Italia per via dell'abbraccio grillino ai gilet gialli. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino