Vitalizi, adesso Casellati apre all’appello ma la prima mossa spetta agli uffici

Vitalizi, adesso Casellati apre all’appello ma la prima mossa spetta agli uffici
Il pressing (e la propaganda) è più forte che mai. Ma Elisabetta Casellati, per il momento, più che dichiarare che «la sentenza è...

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Il pressing (e la propaganda) è più forte che mai. Ma Elisabetta Casellati, per il momento, più che dichiarare che «la sentenza è appellabile» non dice. Ma sono comunque parole importanti, quelle della presidente del Senato. Da leggere controluce come un sì al ricorso. Tuttavia, nel gorgo di regole e leggi che disciplinano questa materia così rigida e complessa, quanto di facile speculazione politica, ci sono una serie di meccanismi che dovranno mettersi in moto.

La contabilità dei vitalizi agli ex senatori dipende dall'amministrazione di Palazzo Madama. Dagli uffici e non dalla politica. E dunque per far partire il ricorso servirà che il segretario generale del Senato, Elisabetta Serafin, pigi sul pulsante «on».

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Prima di arrivare a questo passaggio, però, ce ne sono altri. Il primo riguarda le motivazioni della sentenza che ieri ha fatto infuriare praticamente tutto l'arco parlamentare (o quasi). A partire dai grillini, che su questa battaglia hanno costruito un'identità, una marea di clic su Facebook e voti nelle urne, con tanto di feste in piazza e brindisi con il prosecco. Solo che dopo aver annunciato da un balcone l'abolizione della povertà, ma ne mancano le prove, adesso i pentastellati rischiano di rimangiarsi anche questa, per via di una delibera scritta male. E così il M5S, da Paola Taverna a Luigi Di Maio, tornano alla carica e parlano, con Vito Crimi, «di malloppo» e di «Kasta». Stesso discorso per la Lega di Matteo Salvini. Con a seguire gli altri partiti, da Giorgia Meloni a Nicola Zingaretti, seppur con accenti e sfumature diverse. Uniti idealmente come ai tempi del governo gialloverde, grillini e leghisti hanno chiesto che sia convocato d'urgenza il consiglio di presidenza del Senato per chiedere che siano messo nero su bianco le loro intenzioni belligeranti e zuppe di sdegno.

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Ma qui bisogna ritornare alle regole, di cui è custode Casellati, che prevedono prima di tutto una lettura delle motivazioni della sentenza. Il vulnus che ha ribaltato il tavolo l'altra notte. E poi ci saranno trenta giorni di tempo per procedere con il ricorso, o meglio l'appello a un altro organismo. Questa volta sarà interessato della pratica il Consiglio di garanzia, il secondo e ultimo grado del tribunale interno. Il cui presidente è Luigi Vitali (FI), coadiuvato dal vice Ugo Grassi (Lega). Completano la cinquina: Alberto Balboni (Fratelli d'Italia), Pasquale Pepe (Lega) e Valeria Valente (Pd). Stando alle dichiarazioni, la partita dovrebbe finire - quando si disputerà - 4 a 1 per ripristinare lo stop ai vitalizi, accogliendo così il ricorso coram populo. Anche se il ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D'Incà invita «tutti i partiti» a sostenere questa battaglia. 
 
Intanto, il Movimento ha trovato un tasto che suona molto bene nelle piazze, per il momento virtuali, battute in questi ultimi tempi. Anche perché è molto facile da esemplificare in un titolo o in uno slogan, ma più complesso se si entra nel merito. Casellati per il momento aspetta, anche se ha già mandato una serie di segnali, per chi le sta vicino, incontrovertibili.


​In questo scenario anche il Pd - per carità di coalizione e di consenso - deve accodarsi. Nicola Zingaretti è netto: «Sui vitalizi una scelta insostenibile e sbagliata. La cassa integrazione è in ritardo e si rimettono i vitalizi. Non è la nostra Italia», è il messaggio del segretario. Anche se su questo argomento, proprio il Nazareno, propose un'altra soluzione all'epoca della discussione, nel 2018. Come ha ricordato l'altro giorno Anna Rossomando, vicepresidente dem del Senato: «Avevamo un'idea alternativa che non venne presa in considerazione dall'allora maggioranza. Una soluzione, quella del Pd, che non avrebbe esposto il Senato alla situazione attuale». Ma ormai lo scenario è cambiato. In tutti i sensi. Non sono ammessi distinguo. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino