Tax day, il governo non cambia idea. «Con il rinvio rischiamo l’ingorgo»

Le scadenze fiscali
Scoccato il D-day delle imposte. Chiamati alla cassa oltre 4 milioni di contribuenti, soprattutto partite Iva, dopo il mancato rinvio a settembre dei versamenti degli acconti e...

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Scoccato il D-day delle imposte. Chiamati alla cassa oltre 4 milioni di contribuenti, soprattutto partite Iva, dopo il mancato rinvio a settembre dei versamenti degli acconti e dei saldi delle imposte sui redditi, programmati in precedenza per la fine di giugno. Parliamo di un flusso di cassa che, secondo le stime, vale oltre 8 miliardi di euro. Ma i commercialisti sono sul piede di guerra (in questi mesi le misure anti-contagio hanno rallentato di molto l’attività degli studi che ora hanno il fiato corto) e minacciano lo sciopero. In trincea i partiti dell’opposizione, che invitano alla disobbedienze tributaria. Ma il D-day delle tasse scuote pure la maggioranza. Il partito di Matteo Renzi, Italia Viva, che in precedenza aveva spinto per inserire nel decreto Rilancio un rinvio del pagamento delle tasse al 30 novembre, proposta poi bocciata, si è smarcato dal governo. Intanto la proposta anticipata al Messaggero dal direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini, che punta ad abolire il sistema di saldo e acconto a favore di un prelievo mensile diretto e automatizzato, è piaciuta agli operatori professionali. 


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Sarà comunque un lunedì ad altissima concentrazione di scadenze. Si pagano Irpef, Ires e Irap (saldo 2019 e acconto 2020), l’Iva della dichiarazione annuale (se non pagata in precesenza), il saldo 2019 della cedolare secca e il primo acconto 2020, il diritto annuale alla Camera di Commercio, l’imposta di bollo sulle fatture elettroniche emesse nel secondo trimestre 2020, oltre a imposte e contributi previdenziali e assistenziali sulla base della dichiarazione dei redditi (per titolari di partita Iva e soci di società). Ieri si è scagliato contro il governo anche il leader della Lega Matteo Salvini: «Siamo pronti a sostenere con i nostri legali la protesta fiscale di partite Iva, lavoratori autonomi e commercialisti, perché riteniamo sia una follia costringere milioni di cittadini a pagare oggi le tasse». Sul carro dei contrari è salita poi la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. «Il no del governo al rinvio della scadenza fiscale del 20 luglio è una batosta per milioni di lavoratori e partite Iva che stanno affrontando la crisi economica innescata dal Covid e che semplicemente non hanno la liquidità per far fronte al pagamento delle imposte», ha tuonato su Facebook la leader di Fdi. Sulla stessa linea d’onda Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera: «La nostra ricetta è nota, occorre rinviare tutte le scadenza fiscali al 2021». 


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Ma il governo spiega che le scadenze ordinarie del 30 giugno e del 30 luglio (quest’ultima con maggiorazione dello 0,4 per cento) avevano già beneficiato di una proroga al 20 luglio e al 20 agosto e che non era possibile fare di più. Fari puntati sul ministero dell’Economia. «Farci passare come nemici dei contribuenti è assurdo considerato che abbiamo messo in pista sgravi fiscali per 7,5 miliardi di tasse in meno nel 2020, oltre 21 miliardi nel 2021 e 28,5 miliardi nel 2022», fa i conti il sottosegretario all’Economia Antonio Misiani. Il quale, invitando a non «strumentalizzare politicamente la vicenda» rileva che un rinvio causerebbe comunque «un grande ingorgo fiscale a settembre».



Per quanto riguarda la proposta avanzata dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, per semplificare la riscossione delle tasse attraverso prelievi diretti, questa trova il parere favorevole di Vittorio Emanuele Falsitta, tra i più autorevoli tributaristi italiani: «Sono d’accordo con il direttore dell’Agenzia delle Entrate. Necessaria una nuova relazione culturale tra fisco e contribuente e in generale tra Stato e cittadino. Ancora oggi il fisco pensa in cuor suo che il contribuente sia mezzo evasore fino a prova contraria, mentre il contribuente viceversa stenta ad avere fiducia nel fisco e dal momento che non si sente supportato adeguatamente non esita a trattenere per sè le risorse il più a lungo possibile». Interesse anche dal mondo dei commercialisti, nelle parole del consigliere del Cndcec delegato alla fiscalità Maurizio Postal: «Questa nuova modalità di tassazione costituisce una soluzione non priva di fascino. L’eliminazione dal calcolo del reddito di rimanenze, ammortamenti e non solo, apre le porte a una tassazione sui flussi semplificati in grado di ridurre notevolmente lo stock di credito d’imposta. Tuttavia un sistema di questo tipo potrebbe presentare una serie di criticità sotto il profilo tecnico che non sono da sottovalutare». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino