La poltrona, decisiva per i destini della Terra dei Fuochi era già stata foderata di verde padano in attesa dell'arrivo della senatrice leghista Lucia Borgonzoni. Ma...
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Sulla Terra dei fuochi del leader pomiglianese, dove il M5s ha sfondato alle politiche la quota del 60%, neanche un accenno in sessanta pagine di programma. Una volta votato on line, il contratto non è più rivedibile. La frittata, il 18 maggio, è ormai bella che fatta. È a quel punto che i parlamentari campani salgono sulle barricate. E prendono d'assalto lo smartphone di Luigi Di Maio. Il tam tam si fa incalzante, il malcontento diffuso e generalizzato. Declinato in modi più o meno perentori il messaggio delle truppe Cinque Stelle è pressoché univoco: «Luigi, gli elettori sono in rivolta, chiama Salvini e digli che il ministero dell'Ambiente ce lo prendiamo noi. Serve un segnale, e quel segnale è il nostro candidato ministro Sergio Costa, quello che ha scoperto la Terra dei fuochi». Impegnato nel comporre il difficile puzzle di governo, il capo politico tentenna. Ma tra il 19 e il 20 maggio, molti parlamentari passano dalle parole ai fatti. È il momento in cui il leader a Cinque Stelle lancia la campagna informativa sul contratto in tutte le piazze d'Italia. Intervistato dal Mattino il 20 maggio, il capogruppo M5s della commissione Ambiente, Salvatore Micillo, lancia parole rassicuranti: «Contratto o non contratto, il Movimento non deflette dalle sue battaglie per la Terra dei fuochi». Ma il Sud non c'è. La Terra dei fuochi meno che meno. La consigliera del M5s Francesca Menna, esprime la sua insoddisfazione sul nostro giornale, anche a nome di altri consiglieri e parlamentari a Cinque Stelle: «Non sono andata al banchetto, perché il contratto non mi rappresenta», dice. Sono molti i deputati e senatori campani che disertano le piazze in quel week-end.
Un chiaro segnale che arriva proprio in concomitanza con le dure accuse lanciate al banchetto di via Toledo dagli attivisti di Stop Biocidio. Di Maio capisce che bisogna rimediare: «Va bene, va bene, ho capito che volete Costa. Avete ragione ma ora non mi assillate più», dice innervosito dalle accuse che gli piombano addosso anche dalla sua Pomigliano. Tanto che lo stesso Salvatore Micillo, deputato che nell'ultima legislatura si è battuto stoicamente per la sua Terra dei Fuochi, torna a rassicurare gli elettori grillini direttamente sul Blog delle Stelle. «Nelle cronache di questi giorni scrive lunedì 21 maggio a conferma del disagio emerso tra i militanti - siamo diventati antimeridionalisti». È proprio quel post a segnare il definitivo cambio di passo. Luigi Di Maio ha scelto di fare la cosa giusta. Dice chiaro a Salvini che il ministero dell'Ambiente è patrimonio del Sud, e di Sergio Costa. Che lo deve a migliaia di concittadini che soffrono nella Terra dei fuochi. Alla fine, la mossa del leader è arrivata. Le truppe parlamentari campane festeggiano in chat la vittoria del Generale: «Bravo Luigi, così si fa».
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Il Mattino