Terra coltivabile gratis a chi fa il terzo figlio. L’idea è allettante perché mette insieme più obiettivi: favorire una ripresa demografica, dare un...
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«Assieme ai colleghi Stefani e Fontana - ha detto Centinaio - stiamo cercando di elaborare una proposta che permetta alle famiglie desiderose di avere un terzo figlio, di poter contare su un reddito aggiuntivo. Si parla tanto di un ritorno all’agricoltura da parte dei giovani. Noi vogliamo dargli la possibilità di ottenere terre coltivabili. Si dice che in Italia si fanno pochi figli e che bisogna dare un aiuto per invertire la tendenza e proprio per questo il ministero dell’Agricoltura vuole dare un contributo favorendo in particolare le aree rurali, dove figli se ne fanno ancora».
Il punto però è che l’idea di utilizzare i terreni pubblici non è nuova e già diverse leggi hanno cercato di rivitalizzare il settore, in particolare in favore dei giovani. Proprio in questi giorni, infatti, è aperta un’asta pubblica per vendere la gran parte dei terreni di maggior pregio, vendita che ovviamente non subirà battute di arresto. In Campania i terreni agricoli coltivabili della Banca nazionale delle terre Ismea sono diciannove per un totale di 125 ettari. Di questi, per quindici è in corso la cessione, con un’asta che si concluderà fra 32 giorni, a inizio dicembre. Il terreno di maggior pregio è nel Comune di Castellammare di Stabia: costo 1,4 milioni di euro per meno di un ettaro, comprensivo però di un fabbricato. Ma è un eccezione: ci sono appezzamenti in provincia di Caserta e di Avellino di 5-6 ettari in offerta a meno di 100mila euro. Ma sono, appunto, in vendita. Se l’asta in corso avrà successo, dalla banca Ismea resteranno disponibili in Campania appena quattro terreni per un totale 40 ettari. La Banca della terra Ismea, però, rappresenta solo una parte dei beni demaniali. Secondo una stima Coldiretti, non confermata dal Mipaaf, in Italia ci sarebbero quasi mezzo milione di ettari di terreni pubblici da valorizzare. Ci sarebbe spazio, insomma, sia per confermare le iniziative in corso in favore dei giovani, sia per promuovere quelle finalizzate a dare una spinta alla natalità.
Che quest’ultimo sia un obiettivo necessario ci sono pochi dubbi. Anche nel 2018, secondo dati Istat aggiornati al periodo gennaio-maggio, le nascite in Italia si avviano ad aggiornare il minimo storico, con una flessione del 3% rispetto al già magro risultato del 2017. Non ci sono profonde differenze territoriali visto che la flessione negli ultimi anni nell’Italia Meridionale è solo poco meno accentuata del trend nazionale. In valori assoluti, le culle nel periodo gennaio-maggio 2018 sono state in Italia 177.303, con una flessione di oltre cinquemila bambini rispetto ai 182.931 dello stesso periodo dell’anno precedente e ben 40mila nascite in meno rispetto alle 217.887 del gennaio-maggio 2012, quando si avvertiva ancora l’effetto della maternità tardiva delle donne nate alla fine degli anni Sessanta.
IL TREND
Ma l’uso a termine di un terreno può essere un incentivo sufficiente? Non la pensa così Alessandro Rosina, docente di demografia alla Cattolica. «La misura è interessante - afferma in una conversazione con Il Mattino - ma va valutata rispetto all’obiettivo che intende raggiungere. Se è ridurre il rischio di povertà per famiglie numerose che vivono in aree rurali mi sembra centrato, perché concede loro un bene a uso gratuito. Se l’obiettivo è dare una scossa al tasso di natalità, dubito che possa funzionare. Non credo proprio che ci sia chi decide di fare un figlio per avere un terreno». A parere del demografo, insomma, siamo di fronte a «un’azione simbolica che mostra attenzione verso una specifica tipologia familiare». Per una svolta nel trend demografico non è sufficiente piantare cavoli. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino