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Scappano i più deboli, dalla guerra improvvisa, mentre quelli più in forze restano a combattere nelle città assediate. Così, le vie dell'esodo dall'Ucraina in fiamme si popolano soprattutto di bambini e anziani. I primi fuggono verso un futuro che è tutto da scrivere, e trovano una facile empatia nell'accoglienza, un abbraccio pronto. Chi rifiuta l'abbraccio di un bambino spaventato? Ma i vecchi non li vuole nessuno e nessuno li racconta. Quasi si nascondono mentre scappano, o quando arrivano a destinazione si mettono in un angolo. Lo raccontano gli operatori che, anche dall'Italia, hanno raggiunto i confini con alcune organizzazioni di volontariato e stanno assistendo la marea di profughi. La fuga degli anziani è silenziosa, stringe il cuore perché a dover scappare dalla terra natìa è chi chiedeva solo di aspettare l'ultimo respiro nella pace del luogo delle origini, e invece deve mettere ogni cosa, quello che può, in una borsa, e trascinarsela via verso un futuro che forse non gli darà neppure il tempo di tornare. «Mi sembra impossibile immaginare che mia mamma, orfana dall'età di sette anni e costretta in un pagliaio per sopravvivere ai nazisti tedeschi, ora si debba nascondere dai soldati russi in un seminterrato a Kiev», lo scrive su Twitter, riportando il pensiero di una sua zia, Valeria Voshchevska, giovane attivista ucraina di Amnesty international, che vive a Londra.
Come lei tanti ucraini emigrati tentano di ricongiungersi ai familiari in fuga e attendono trepidanti notizie soprattutto di quegli anziani che si sono messi in cammino con le loro incerte condizioni di salute, senza farmaci, al freddo, stremati più degli altri da fame e fatica, che si abbattono come una tempesta su corpi già malati. È un dramma nel dramma, come quello di tanti migliaia di disabili che vengono scortati nella fuga da volontari, da operatori sociali che già li assistevano in strutture protette e che ora scappano lungo i corridoi umanitari, per sfuggire a bombe che non hanno pietà, anzi hanno la perfida precisione di andare a uccidere proprio i più deboli: chi corre meno, chi si attarda, chi rimane indietro. La guerra, del resto, questo fa: sparge disumanità.
«Mia nonna è stata cacciata dalla Lituania nel 1944, durante la battaglia di Memel», scrive sui social Lorna. «Fuggiva dai russi e dai nazisti. Oggi, vedere i filmati di chi scappa mi ha fatto capire a pieno cosa ha dovuto affrontare. Il mio cuore si spezza per il mio Paese». I vecchi scappano chiedendosi continuamente il perché. I racconti che arrivano dai centri dove in queste ore si stanno ammassando milioni di profughi ai confini con Polonia e Moldavia - parlano di una umanità taciturna e disperata, allibita, come svegliata di notte da un terremoto. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati dice che sono già 2 milioni i profughi mentre si potrebbe rapidamente arrivare a 4 milioni.
Sono tutti pronti, in questo dramma, a ritrovare la memoria tragica del loro Novecento. C'è chi li ha vissuti tutti i momenti dell'orrore, e li mette in fila con sequenze da brividi. «Ho visto i nazisti saccheggiare i villaggi, ho visto l'Unione sovietica toglierci la libertà, oggi vedo i russi bombardare la mia città. E ora non ho nemmeno più il tempo per sperare in un mondo nuovo». A riportare le parole del nonno Oleg, è un giovane studente ucraino, in Francia da anni, che non smette di scambiare messaggi con i familiari che sono ormai riparati in Polonia. Immenso il dolore di questo vecchio operaio, che non voleva proprio sapere di andarsene e ha accettato solo per l'invocazione del nipote, che lo ha supplicato, gli ha sostanzialmente impedito di morire. Arrivati a destinazione, però, toccherà il compito di prendersene cura. C'è ancora una pandemia, e molti di loro non sono vaccinati. Solo il 35% della popolazione ucraina ha fatto il vaccino e molti anziani, soggetti a rischio, esposti. Dalla Fondazione Gimbe è arrivato già un appello: i piani di accoglienza per i civili in fuga includano un programma di vaccinazioni per anziani e fragili.
Poi ci sono quelli che non sono voluti partire. Molti vecchi, infatti, sono rimasti. Restano a presidiare case e villaggi a cui è saltata sia la luce sia l'acqua, sono senza provviste: non si sa se li ammazzerà prima una bomba o la fame. Non hanno medicine, non hanno cure. Ma sono voluti rimanere perché a quell'età scappare sembra una inutile umiliazione. Lo ha raccontato una giovane donna ucraina ai volontari di un'associazione toscana, al confine polacco: «Ho tentato fino alla fine di convincere mio padre ma non ha voluto seguirmi. Vuole restare lì, nella sua terra. Meglio morire, ha detto, che scappare».
Molti i racconti dalle zone della battaglia, con anziani che trovano il coraggio di fronteggiare i soldati russi. Girano diversi video sui social. Anziani orgogliosi che non le mandano a dire, con militari in imbarazzo che fingono di non sentire. Ma le bombe non hanno rispetto e quei vecchi fieramente resistenti rischiano di morire non per il loro Paese ma con il loro Paese. E forse, alla fine di esistenze così faticose, ne hanno anche diritto.
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