Ucraina, la fuga silenziosa degli anziani: tutta la vita in una borsa

Ucraina, la fuga silenziosa degli anziani: tutta la vita in una borsa
di Antonio Menna
Giovedì 10 Marzo 2022, 07:00 - Ultimo agg. 11 Marzo, 07:17
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Scappano i più deboli, dalla guerra improvvisa, mentre quelli più in forze restano a combattere nelle città assediate. Così, le vie dell'esodo dall'Ucraina in fiamme si popolano soprattutto di bambini e anziani. I primi fuggono verso un futuro che è tutto da scrivere, e trovano una facile empatia nell'accoglienza, un abbraccio pronto. Chi rifiuta l'abbraccio di un bambino spaventato? Ma i vecchi non li vuole nessuno e nessuno li racconta. Quasi si nascondono mentre scappano, o quando arrivano a destinazione si mettono in un angolo. Lo raccontano gli operatori che, anche dall'Italia, hanno raggiunto i confini con alcune organizzazioni di volontariato e stanno assistendo la marea di profughi. La fuga degli anziani è silenziosa, stringe il cuore perché a dover scappare dalla terra natìa è chi chiedeva solo di aspettare l'ultimo respiro nella pace del luogo delle origini, e invece deve mettere ogni cosa, quello che può, in una borsa, e trascinarsela via verso un futuro che forse non gli darà neppure il tempo di tornare. «Mi sembra impossibile immaginare che mia mamma, orfana dall'età di sette anni e costretta in un pagliaio per sopravvivere ai nazisti tedeschi, ora si debba nascondere dai soldati russi in un seminterrato a Kiev», lo scrive su Twitter, riportando il pensiero di una sua zia, Valeria Voshchevska, giovane attivista ucraina di Amnesty international, che vive a Londra. 

Come lei tanti ucraini emigrati tentano di ricongiungersi ai familiari in fuga e attendono trepidanti notizie soprattutto di quegli anziani che si sono messi in cammino con le loro incerte condizioni di salute, senza farmaci, al freddo, stremati più degli altri da fame e fatica, che si abbattono come una tempesta su corpi già malati. È un dramma nel dramma, come quello di tanti migliaia di disabili che vengono scortati nella fuga da volontari, da operatori sociali che già li assistevano in strutture protette e che ora scappano lungo i corridoi umanitari, per sfuggire a bombe che non hanno pietà, anzi hanno la perfida precisione di andare a uccidere proprio i più deboli: chi corre meno, chi si attarda, chi rimane indietro.

La guerra, del resto, questo fa: sparge disumanità. 

«Mia nonna è stata cacciata dalla Lituania nel 1944, durante la battaglia di Memel», scrive sui social Lorna. «Fuggiva dai russi e dai nazisti. Oggi, vedere i filmati di chi scappa mi ha fatto capire a pieno cosa ha dovuto affrontare. Il mio cuore si spezza per il mio Paese». I vecchi scappano chiedendosi continuamente il perché. I racconti che arrivano dai centri dove in queste ore si stanno ammassando milioni di profughi ai confini con Polonia e Moldavia - parlano di una umanità taciturna e disperata, allibita, come svegliata di notte da un terremoto. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati dice che sono già 2 milioni i profughi mentre si potrebbe rapidamente arrivare a 4 milioni. Oltre il 50% sono bambini, spesso non accompagnati. In tanti casi si tratta di orfani, scortati nel lungo cammino da vicini di casa, da parenti. Per loro sarà più semplice trovare una sistemazione. Poi, ci sono gli anziani. E proprio questi, più di tutti, hanno la sorpresa negli occhi e l'amarezza sui volti. Dopo aver conosciuto sia il nazismo sia il comunismo, lungo il Novecento, che per le loro latitudini è stato severo, dopo aver attraversato decenni di povertà di massa, di arretratezza, di dittatura, cominciavano a godersi un filo di luce. Ma ora si torna a scappare. La guerra sembra inseguirli. Mentre la vita non risparmia acciacchi e malattie. Vecchi col bastone, vecchi in sedia a rotelle, vecchi con la schiena curva. Anziani nel corpo e ora un po' di più anche nella mente, da dove prendono ricordi e pezzi di vita. 

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Sono tutti pronti, in questo dramma, a ritrovare la memoria tragica del loro Novecento. C'è chi li ha vissuti tutti i momenti dell'orrore, e li mette in fila con sequenze da brividi. «Ho visto i nazisti saccheggiare i villaggi, ho visto l'Unione sovietica toglierci la libertà, oggi vedo i russi bombardare la mia città. E ora non ho nemmeno più il tempo per sperare in un mondo nuovo». A riportare le parole del nonno Oleg, è un giovane studente ucraino, in Francia da anni, che non smette di scambiare messaggi con i familiari che sono ormai riparati in Polonia. Immenso il dolore di questo vecchio operaio, che non voleva proprio sapere di andarsene e ha accettato solo per l'invocazione del nipote, che lo ha supplicato, gli ha sostanzialmente impedito di morire. Arrivati a destinazione, però, toccherà il compito di prendersene cura. C'è ancora una pandemia, e molti di loro non sono vaccinati. Solo il 35% della popolazione ucraina ha fatto il vaccino e molti anziani, soggetti a rischio, esposti. Dalla Fondazione Gimbe è arrivato già un appello: i piani di accoglienza per i civili in fuga includano un programma di vaccinazioni per anziani e fragili. 

Poi ci sono quelli che non sono voluti partire. Molti vecchi, infatti, sono rimasti. Restano a presidiare case e villaggi a cui è saltata sia la luce sia l'acqua, sono senza provviste: non si sa se li ammazzerà prima una bomba o la fame. Non hanno medicine, non hanno cure. Ma sono voluti rimanere perché a quell'età scappare sembra una inutile umiliazione. Lo ha raccontato una giovane donna ucraina ai volontari di un'associazione toscana, al confine polacco: «Ho tentato fino alla fine di convincere mio padre ma non ha voluto seguirmi. Vuole restare lì, nella sua terra. Meglio morire, ha detto, che scappare». 

Molti i racconti dalle zone della battaglia, con anziani che trovano il coraggio di fronteggiare i soldati russi. Girano diversi video sui social. Anziani orgogliosi che non le mandano a dire, con militari in imbarazzo che fingono di non sentire. Ma le bombe non hanno rispetto e quei vecchi fieramente resistenti rischiano di morire non per il loro Paese ma con il loro Paese. E forse, alla fine di esistenze così faticose, ne hanno anche diritto. 

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