Usa, l'ultima crociata di Trump: «L'Fbi mette a rischio la sicurezza»

Usa, l'ultima crociata di Trump: «L'Fbi mette a rischio la sicurezza»
NEW YORK - Non c’è solo la stampa nel mirino di Donald Trump. L’Fbi, infatti, incrocia il fuoco “amico” del presidente che, in occasione di un...

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NEW YORK - Non c’è solo la stampa nel mirino di Donald Trump. L’Fbi, infatti, incrocia il fuoco “amico” del presidente che, in occasione di un energico e roboante discorso tenuto in seno alla Conservative Political Action Conference (Cpac, l’evento annuale del movimento conservatore statunitense), non contento di aver sbattuto la porta in faccia ai giornalisti di CNN, New York Times, Los Angeles Times e Politico, se la prende anche con il più importante ufficio federale dedicato all’investigazione e più in generale alla sicurezza.


Un’agenzia che, a detta del tycoon, starebbe mettendo a repentaglio i delicati equilibri nazionali attraverso una serie di rivelazioni, in particolare legate alla discussa relazione con la Russia di Putin, fatte trapelare con l’intento di penalizzare l’immagine e l’operato della nuova amministrazione.

Una tesi quanto meno balorda, se si considera che l’Fbi risponde attraverso i suoi vertici direttamente al presidente degli Stati Uniti. Insomma una sorta di “accusa incrociata” che vede l’entourage di Trump da una parte ed il suo stesso personale dall’altra. Non è cosa comune, inoltre, che qui negli Usa certi conflitti interni assumano una piega così sfacciatamente pubblica.

Ma Trump ha abituato tutti, oramai già da un bel po’, a schemi puntualmente destinati a saltare. E così è, ancora, una volta di più. O meglio due, se si tiene conto del gravissimo episodio a danno di corrispondenti e reporter accreditati alla Casa Bianca.

Il tutto nel giro di poche ore.

Non mancano dei tentativi di alleggerire o perlomeno spiegare la cosa. Secondo alcune persone presenti in occasione del punto stampa incriminato (Fonte ABC7, Eyewitness News), i giornalisti delle emittenti lasciate fuori si sarebbero in realtà rifiutati di entrare per via di alcune mutate condizioni imposte. Nello specifico, per l’impossibilità annunciata pochi attimi prima dell’inizio della discussione di poter realizzare delle riprese video.

Ma, a prescindere dalle versioni divergenti, il rapporto tra Trump e i media sembra essere davvero in pezzi. Ed è addirittura lecito pensare che faccia parte di una strategia ben precisa, fondata sull’idea di inasprire i toni al fine di polarizzare sempre più il dibattito politico. Strategia che, nutrita con costanza scientifica a suon di tweet, potrebbe paradossalmente addirittura rafforzare il consenso che gli orbita intorno.


La popolarità di certi giornali, e soprattutto di quei giornali contro cui punta il dito il tycoon, è sofferente per via degli errori commessi in termini di previsioni alla vigilia del voto dello scorso 8 novembre. E così, battagliare con fare furioso con le grandi cattedrali dell’informazione a stelle e strisce è una tattica che il presidente sembra voler alimentare ad oltranza. Questo anche per via della necessità di alimentare il suo personaggio con quella stessa narrativa che gli ha consentito di imporsi nei 18 lunghi mesi di campagna elettorale. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino