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Grande scienziato, uno dei maestri della farmacologia in Italia: Silvio Garattini.
Professore, dopo tutta la bufera su AstraZeneca, e i danni che le polemiche hanno creato sull’andamento della campagna vaccinale, ora la stessa storia con Johnson&Johnson?
«E’ sconfortante. In un momento delicato come questo, in cui serve accelerare il più possibile ovviamente in sicurezza il numero delle persone vaccinate, per un numero di casi infinitesimale e tutti da verificare di vaccini che possono aver dato qualche problema si rischia di mandare all’aria l’unica politica adatta a fermare il virus. Che è quella della somministrazione del siero. Sei casi problematici su 7 milioni di vaccinati con Johnsons&Johnson stanno scatenando una paura assolutamente sproporzionata. E che le autorità americane, in collegamento con l’Ema devono saper affrontare bene, sennò la psicosi cresce in maniera incotrollabile».
Affrontare come?
«Informando, informando, informando.
I media invece terrorizzano e giocano demagogicamente con l’anti-vaccinismo?
«Tutti devono stare più attenti nella comunicazione, perché si rischia di rovinare il grande sforzo di immunizzazione che si è messo in campo. I social sono un lungo di grandi comunicazioni e di grandi distruzioni. Sul web due casi di problematicità legati ai vaccini lievitano artificiosamente fino a diventare duemila o due milioni nella percezione della gente. E così non va. Bisogna in tutti i modi e con ogni canale spiegare al pubblico che nei vaccini bisogna avere fiducia e che i loro benefici sono infinitamente superiori ai rischi. Il pasticcio che si è fatto con AstraZeneca deve valere da anti-modello da non ripetere con Johnson&Johnson. Già in Israele, in Inghilterra, negli Usa, abbiamo la riprova che questi vaccini funzionano. Il contagio in quei Paesi è diminuito molto e anche le ospedalizzazioni e il numero di morti. Il rischio qui da noi di una nuova ondata di sfiducia avrebbe conseguenze devastanti. Ripeto: 6 casi problematici su milioni e milioni di iniezioni sono quasi niente».
Ma la gente ha paura.
«Perciò va informata molto meglio. Con pazienza e abnegazione. Le vaccinazioni a tappeto servono anche per evitare ulteriori lockdown. Finché in Italia non saranno vaccinati 40 milioni di cittadini, il pericolo resta. Per ora, purtroppo, siamo molto lontani da questa cifra. I vaccinati con prima e seconda dose sono 5 milioni. Non possiamo permetterci lentezze».
Ma anche lei vede possibili riaperture a breve?
«Tutti vogliamo le riaperture. Ma c’è il rischio una contraddizione. Non si fa che dire riaprire-riaprire-riaprire, ma nel frattempo molti dubitano dei vaccini. Come se non fossero la vera chiave per riaprire. Non si fa che invocare giustamente la ripartenza economica e sociale, ma senza la consapevolezza piena che sulla scienza si basa ogni possibilità di ritorno alla vita normale, si finisce per parlare un po’ a vanvera. Restando fermi in una situazione che diventa ogni giorno di più insostenibile per le esistenze di noi tutti». Leggi l'articolo completo su
Il Mattino