«Vanessa Marzullo combatteva per l'Isis», il web si indigna. Poi si scopre la verità

La guerrigliera curda col fucile in mano (Twitter)
Inutile nasconderlo, il popolo italiano del web ha un grosso difetto. Da un lato tende a non credere ai media tradizionali,...

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Inutile nasconderlo, il popolo italiano del web ha un grosso difetto. Da un lato tende a non credere ai media tradizionali, come giornali e tv, etichettandoli come informazione di regime, e spesso fa anche bene. Dall'altro lato, però, crede a qualsiasi fonte trovata sul web. Proprio per questo motivo le bufale di ogni tipo possono diffondersi facilmente, e coinvolgere persone già massacrate nei commenti sui social. È il caso, ad esempio, di Vanessa Marzullo.





La giovane cooperante bergamasca, rapita in Siria insieme all'amica Greta Ramelli dall'Isis, e liberata il 15 gennaio, è stata infatti vittima inconsapevole di un vero e proprio sciacallaggio social, tra l'altro del tutto infondato. Non bastavano le polemiche per il rapimento e il presunto riscatto, né le bufale sulle serate in discoteca come special guest. Vanessa è stata anche accusata di aver combattuto con l'Isis, a causa di una foto che ritrae una ragazza che le somiglia imbracciare un lungo fucile.











A cascarci, sin da ieri pomeriggio, sono stati in molti, compreso lo scrittore Nicolai Lilin. E sui social si sono susseguite la rabbia, l'indignazione e le più becere offese. Peccato che la ragazza col fucile sia semplicemente una guerrigliera curda impegnata nella resistenza di Kobane. La somiglianza con Vanessa c'è, ma la foto di una giovane donna a volto scoperto e vestita con abiti occidentali difficilmente sarebbe stata permessa da un gruppo islamico ultraconservatore come l'Isis. Prima di premere invio sulla nostra tastiera, accertiamoci dei fatti e pensiamo attentamente a cosa stiamo scrivendo, così come quando conversiamo in pubblico: essere soli davanti a uno schermo non può essere un alibi per scatenare la nostra rabbia repressa.





LA FOTO DELLA GUERRIGLIERA CURDA









IL POST DI NICOLAI LILIN








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Il Mattino