Due dollari americani per un mese di lavoro. Un’equazione già di per sé sufficiente a tracciare il profilo...
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Un’equazione già di per sé sufficiente a tracciare il profilo di un Venezuela oramai distrutto.
Un salario che non basta nemmeno per comprare un uovo al giorno.
Figurarsi per vivere, per protestare.
E infatti non protesta più nessuno.
Su Caracas e dintorni è calato di nuovo il silenzio.
Dei media, ma soprattutto delle masse.
Di quel popolo tanto decantato da Hugo Chávez e tanto umiliato da Nicolás Maduro che di invadere le strade e le piazze non ha più voglia, non ha più forza e, peggio ancora, ha una paura fottuta.
A fronte di un’economia in frantumi, infatti, l’unica maniera per garantirsi le briciole del sostentamento sono i sussidi statali. Anche quelli ridotti agli avanzi dei minimi termini, ma pur sempre in grado di materializzarsi in qualche pacco di riso o in qualche sacco di farina che in questo preciso momento storico, all’ombra del monte Ávila, equivalgono alla sopravvivenza propria e dei propri figli. Questo senza contare la possibilità di ritorsioni cui il regime tradizionalmente è tutt’altro che estraneo.
Insomma, il rapporto con il dollaro si piega di 120 punti percentuali in un mese, l’inflazione non è più neanche calcolabile, la vita dei venezuelani è da tempo impossibile e della luce in fondo al tunnel socialista, no, non ce n’è alcuna traccia.
Traccia che rimarrà, invece, impressa nella storia di una sorta di capolavoro alla rovescia: quello di uno Stato fallito e del destino dei suoi (ex) abitanti di cui nessuno parla nemmeno più.
«L'unico frigorifero pieno in Venezuela è l'obitorio» Leggi l'articolo completo su
Il Mattino