Messaggini online, confidenze troppo intime e amicizie social che travalicano quello che dovrebbe essere il corretto rapporto di fiducia tra un docente e i suoi studenti: su...
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E così arriva la stretta dall'Aran. I docenti in base al nuovo contratto, così come è stato impostato, dovranno «limitare l'interazione a mezzo dei canali sociali informatici con gli studenti alle sole informazioni di servizio e alle interazioni necessarie per lo svolgimento della funzione di educazione, di istruzione e di orientamento». Saranno quindi ammessi messaggi funzionali alla lezione e all'organizzazione della classe ma niente di più. Altrimenti il docente rischia grosso anche in ambito lavorativo.
Le sanzioni infatti, in base alla gravità del fatto, vanno dal rimprovero verbale al licenziamento con o senza preavviso, passando per il rimprovero scritto, la multa fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione e la sospensione dal servizio con la privazione della retribuzione da 11 giorni fino a un massimo di 6 mesi.
La norma è contenuta nel contratto che, in questi giorni, si sta discutendo all'Aran con i sindacati: la discussione è ferma agli aspetti sindacali ma dovrà necessariamente affrontare anche l'aspetto disciplinare che va dal rispetto del ruolo e dei luoghi di lavoro, all'orario e alle assenze dalla classe.
Ma la questione dei social, fino ad ora, non si era mai presentata. Ed oggi, dopo quanto accaduto al Massimo, la discussione si farà ancora più pressante. Da un lato si fa sentire la necessità di una regolamentazione dell'uso dei social, dall'altro per i sindacati è importante anche il rispetto della libertà di insegnamento. «Intendiamoci - commenta Pino Turi, segretario generale Uil Scuola - l'abuso di minore è un atto assolutamente deprecabile, quello da parte di un docente su una sua studentessa lo è doppiamente. Non vogliamo proteggere nessuno, anzi, vogliamo eliminare le mele marce. Ma è opportuno ragionare con calma e non sull'onda dell'emozione: siamo disposti anche ad intensificare le sanzioni ma non possiamo far diventare tutti colpevoli. Le chat si usano spesso a scuola e nella maggior parte dei casi servono alla didattica. Ragioniamo su come regolamentare l'uso dei social, senza ledere la libertà di insegnamento».
In effetti la scuola italiana fa largo uso dei social, anche in classe, come forma di comunicazione tra docenti e famiglie ma anche tra docenti e ragazzi. Tanto che il ministero dell'istruzione, con una commissione ad hoc formata da esperti, sta mettendo a punto un vademecum per usare al meglio tra i banchi smartphone e tablet. Secondo i programmi la linee guida dovrebbero arrivare entro il mese di gennaio, nonostante le polemiche che su questo punto hanno investito la ministra Fedeli che, per prima, crede nel progetto. Gli adolescenti quindi saranno autorizzati a usare app e social per comunicare con la cattedra, come del resto fanno da anni. Manca appunto una regola per mettere i ragazzi al sicuro da orribili degenerazioni.
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Il Mattino