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Parametri più severi e valutazioni dei dati ogni 15 giorni. Niente lockdown “alleggerito” o zona arancione scuro in tutta la Penisola. Al contempo, però, si chiede di modificare il sistema in due direzioni: il primo è rendere ancora più rigorose le regole dell’arancione, aumentarne l’efficacia. Una sorta di arancione rafforzato. Dall’altro, si spinge perché ci siano maggiori aperture in fascia gialla. Inoltre, e questo è un problema sul tavolo di Draghi, la tempistica del sistema di valutazione va rivista: si prendono decisioni su dati che spesso sono riferiti a 10-14 giorni prima, dunque la statistica va molto più lenta del virus, specialmente della nuova versione determinata dalla variante inglese.
Inoltre, prende forza il partito del «salviamo i fine settimana»: oggi il report della cabina di regia esce al venerdì e le Regioni cambiano colore la domenica, lasciando a metà nei week-end l’attività di bar e ristoranti. C’è una spinta a cambiare, ad anticipare al lunedì o al martedì.
Sul sistema dei colori da rivedere, le Regioni sono d’accordo. Troppo articolato, troppi 21 valori. Anche i dati dell’Rt, e qui però la rivisitazione la stanno svolgendo i tecnici dell’Istituto superiore di sanità, andrebbero adattati all’uragano variante inglese, che corre più veloce di quasi il 40 per cento della versione originale.
La pratica sul cambio del sistema delle chiusure non finirà ancora ufficialmente sul tavolo del governo. Il Consiglio dei ministri convocato per domani mattina alle 9.30 si riunirà per prorogare fino al 31 marzo il divieto allo spostamento tra Regioni in scadenza il 25 febbraio, null’altro. Per i parametri serviranno prima altri passaggi tra i tecnici delle amministrazioni locali e quelli della Cabina di regia. Una valutazione politica “informale” lunedì potrebbe esserci in un vertice, appendice del Cdm, che si terrà tra il premier Draghi, il ministro della Salute Roberto Speranza e la ministra degli Affari Regionali Maria Stella Gelmini. Con le Regioni che hanno chiesto di essere ricevute dal governo. Ovviamente però si monitora la situazione, e si è pronti a rivalutare ogni decisione.
Se i numeri saranno in crescita (ma per ora l’esecutivo ritiene la situazione stabile, con terapie intensive sotto controllo, ma si monitora la questione varianti) lo si farà appena necessario ma, più probabilmente, il tutto sarà rimandato ad inizio marzo cercando di raggruppare i nuovi eventuali interventi così come le possibili modifiche al sistema delle fasce, al 5 marzo. Vale a dire la data in cui scade il Dpcm del 16 gennaio, quello attualmente in vigore. Un’attesa che però, c’è da augurarsi, non porti ad una decisione tardiva come paventato da molti degli scienziati italiani in prima linea nella lotta alla pandemia.
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