Napoli non si vende. Ma sa farsi comprare?

Una scritta viola su un muro scrostato nei Quartieri Spagnoli

Il balcone di un palazzo nella zona collinare di Napoli
«Napoli non si vende»: la scritta viola la vedo su un muro scrostato mentre cammino nei Quartieri Spagnoli. Unica vera profezia di De Magistris: dove nel 2011 al...

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«Napoli non si vende»: la scritta viola la vedo su un muro scrostato mentre cammino nei Quartieri Spagnoli. Unica vera profezia di De Magistris: dove nel 2011 al turista veniva sconsigliato di addentrarsi, nel 2023 pizzerie e baretti e gente che ti richiama verso chioschi di limonata «a cosce aperte» e murales, posto d'onore per Maradona, ma c'è anche Totò. E movida, folla, musica anche se più di Montmartre a Parigi sembra d'essere al Bairro Alto di Lisbona o all'Habana vieja: io ci sono venuta scegliendo un giorno e un orario e un percorso che, in teoria, mi sembravano quieti; ho sbagliato comunque. Stretta tra la gente, il mio unico vantaggio è stato esser cittadina abbastanza da sapere dove svoltare per tirarmene fuori. La frase me la sono trovata davanti così.

Più che «Napoli non si vende», resto convinta della non vendibilità di Napoli: se ne accorge chi pensa d'averla comprata e finisce come Decio Cavallo con la Fontana di Trevi. Sarebbe interessante, però, capire chi è ad averla messa sul mercato. Ora che le linee tirate dai vicoli sembrano strisce sulla pastiera, la città intera una frolla inzeppata di gente, voci e facce come grano e canditi, facciamoci due conti: lo scorso anno il dolce pasquale per eccellenza era arrivato a 25 euro al chilo e non si segnalano ribassi, anzi; la nostra meraviglia, la nostra vittoria, le nostre cadute, le vergogne, gli errori, la ripresa, la bellezza, la dignità e l'umanità nel bene e nel male, a quanto stanno?

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Il Mattino