Baby e gli spiriti burloni nella Napoli stregata: cose dell'altro mondo

Roberto Bracco nell'800 scrisse un libello che fece scalpore

I tavoli danzanti di Eusapia Palladino
«Rientrai nella mia stanza, l'anima che bruciava. Ma ben presto, di nuovo, si udì battere fuori, E più...

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«Rientrai nella mia stanza, l'anima che bruciava.
Ma ben presto, di nuovo, si udì battere fuori,


E più forte di prima. Certo dissi è qualcosa
Proprio alla mia finestra: esplorerò il mistero,
Renderò pace al cuore, esplorerò il mistero.
Ma è solo il vento, nulla più»
(Edgar Allan Poe, Il corvo)

* * *

Nei decenni a cavallo tra l'800 e il 900 impazzava a Napoli la «febbre dello spiritismo». Era una moda borghese, un divertissement dei quartieri alti potremmo dire, che intrigava però, in modo trasversale, le migliori intelligenze della città, dagli uomini di lettere a quelli di scienza, dai professionisti ai medici più insigni. Quella stagione passò alla storia come la Belle Époque dello spiritismo: erano gli anni in cui nei salotti si evocavano gli spiriti e imperversò la moda dei «tavoli danzanti». In quel periodo, inoltre, furono scattate alcune tra le prime fotografie "spiritiche" e all'ombra del Vesuvio si misero in luce personaggi che s'imposero all'attenzione internazionale sia per lo studio che per la pratica della medianità, a cominciare da quella Eusapia Palladino considerata da molti, ancora oggi, la più grande sensitiva di tutti i tempi.

A quei magici e confusi giorni, che imposero Napoli all'attenzione dell'Italia intera come «città occultista e spiritista» - in concorrenza con Torino, dove però il fenomeno prese altre strade, a cominciare dal demonismo - il geniale giornalista e scrittore Roberto Bracco (1861-1943), più volte candidato al Nobel per la Letteratura, dedicò un libello che vendette la bellezza di 150mila copie in pochi giorni, Lo spiritismo a Napoli, tornato recentemente nelle librerie con l'editore Colonnese in una nuova edizione introdotta dal giornalista e scrittore Francesco Palmieri. Un delizioso divertissement anche quello di Bracco, poco incline a prendere sul serio i medium e i loro sostenitori. Sfottendo amabilmente gli uni e gli altri, l'autore attirò le ire e la suscettibilità di molti intellettuali, alcuni dei quali - come Edoardo Scarfoglio - appartenevano alla categoria dei "dubitanti". Erano quelli che, nell'incertezza, «tra il tifo di qua e il tifo di là preferivano la posizione mediana del chissà».

Insomma, non è vero ma ci credo. Abbiamo già detto che in quegli anni - gli anni 80 dell'Ottocento - gli esperimenti spiritici rappresentavano un piacevole e stravagante passatempo serale per migliaia di borghesi annoiati. Va detto anche che in quel periodo Napoli aveva sfornato medium di risonanza internazionale. Non si contavano, a cavallo tra i due secoli, i salotti letterari dedicati alle tematiche dell'occulto. Tra i cenacoli più illustri vi fu quello del cavalier Ercole Chiaia, il medico napoletano che fece diventare Eusapia Palladino una star dei «tavoli danzanti», coinvolgendo molti protagonisti del mondo scientifico e culturale italiano ed europeo. Altri appassionati sostenitori dello spiritismo furono l'ostetrico Michele Capuano, il giornalista Federico Verdinois, il professor Alberto Avena. Fu in questo contesto che il venticinquenne Bracco, con lo pseudonimo Baby, mandò alle stampe il suo opuscolo, riversandovi ciò che aveva visto con i suoi occhi durante le sedute spiritiche alle quali aveva partecipato.

* * *
«Spiritismo è quell'oggetto/che fa muovere il mobilio/e fa sempre un bell'effetto/a chi rèstalo a guardar», rispose il pittore Eduardo Dalbono a Bracco che gli chiedeva: «Don Eduà, che cos'è lo spiritismo?». Facile sorridere, oggi, del clima euforico di quegli anni, tra tavolini danzanti e fosforescenze, prodigi e sotterfugi, brividi e pasticcini (perché durante le sedute spiritiche, a quanto pare, si faceva largo consumo di pasticcini). Eppure, come annota Francesco Palmieri nell'introduzione, lo spiritismo guadagnò i favori di illustri medici quali Arnaldo Angelucci e Pietro Castellino (frequentatori abituali di sedute spiritiche al corso Vittorio Emanuele), di fisici, matematici «e dello stesso nume del positivismo Cesare Lombroso, il quale - come tanti colleghi - si propose di accertare la causa dei fenomeni medianici per ricondurla alla materia ed escluderne la trascendenza».

Ai tavolini piroettanti e alle poltrone saltellanti Bracco, invece, non credette neanche per un istante. Come lui molti altri artisti ed intellettuali che la folta schiera degli spiritisti cercava in quegli anni di convertire. Apprendiamo da Bracco che anche Vincenzo Gemito venne attirato nella rete.

«Diventato spiritista, Alberto Avena si recò da Vincenzo Gemito, il grande scultore ch'egli tanto ammirava, e gli tenne un discorso che cominciava così: "Vincenzo Gemito, tu sei figlio del popolo! Anch'io sono figlio del popolo! E noi figli del popolo dobbiamo consolarci nel pensiero di una vita futura"».
Gemito se ne tirò fuori. E confidandosi con Bracco gliene illustrò i motivi: «Tutta quella roba entrava per l'orecchio nel mio cervello; ma le pareti del cervello, pareti resistenti, pareti di buona salute, la respingevano. E quando tutta quella roba, che non poteva essere roba salutare, che non poteva essere salutare alimento, se n'era uscita tale quale era entrata, io mi sentivo più sano di prima».

Per demolire lo spiritismo e i suoi adepti, Bracco-Baby utilizzò l'arma più devastante, quella dell'ironia. La conclusione alla quale giunse era invece serissima: gli spiritisti non sono né imbroglioni né imbecilli, bensì la risultante di tre fattori: l'inganno del medium, l'autosuggestione e l'allucinazione. In più di un'occasione Bracco sorprese la diva Eusapia a frodare (non fu il solo: mai fama fu più controversa di questa "regina degli spiriti" di cui numerosi indizi facevano supporre la malafede).

* * *


Nel 1886 una strepitosa fake news fece il giro del mondo traendo in inganno numerosi giornali, tra i quali l'autorevolissimo Figaro. Era accaduto che dopo l'uscita dell'opuscolo antispiritista di Bracco, l'autore aveva dovuto affrontare i feroci attacchi degli appassionati di spiritismo, molti dei quali erano suoi vecchi amici, come il giornalista e scrittore Vincenzo Morello detto Rastignac. Con il suo pamphlet, inoltre, Bracco aveva ispirato tre musicisti, Dworzak, Franchi e Getzel, che si erano finti medium e avevano creato uno spirito di nome Chicot, ingannando tra gli altri anche il cavalier Ercole Chiaia, fondatore dello spiritismo napoletano e "protettore" di Eusapia Palladino. Quando la polemica divampò sui giornali, Bracco fece pubblicare su "Il Piccolo", il 22 settembre 1886, un comunicato-burla, nel quale si dava conto di un duello a colpi di pistola tra lo stesso Bracco e Vincenzo Morello. Duello che aveva visto soccombere il povero Bracco, passato così a miglior vita. La notizia, fasulla, della morte di Bracco apparve su "Le Figarò" che la reputò veritiera: deliziosa bufala di fine Ottocento. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino