Continua a mietere vittime, nel Salernitano, il potente virus informatico “Cryptlocker”, in grado di inibire pc e server dell’ignaro utente di turno. Per...
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Nella rete criminale degli hacker sono finiti farmacie, uno studio di commercialisti, un’agenzia immobiliare e anche un giovane che, dal proprio smartphone, pensando di aprire una mappa, ha visto svanire nel nulla tutto ciò che era in memoria.
“Attenzione abbiamo criptato i vostri file con il virus Cryptolocker”: è la scritta apparsa sui monitor dei computer di una fabbrica di prodotti dolciari a Salerno. “L’unico modo per ripristinare i file – continua l’avviso – è quello di pagare noi. In caso contrario i file verranno persi”. Dunque, addio a fatture, gestionale del magazzino e documentazioni varie. Come riesce il virus ad intrufolarsi nei sistemi informatici privati? Questa volta, gli hacker hanno intercettato una email di un cliente e sostituito l’allegato con un file zip (diffusissimo perché usato per comprimere i dati), contenente il Cryptolocker. Insomma, cambiano le modalità di aggressione, ma la tecnica è sempre la stessa.
Proprio come le malattie virali che contagiano l’uomo possono variare d’intensità e potenza, anche la variante cyber conosce più gradi, in base ai quali muta l’importanza dell’attacco. Lo sanno bene i titolari di un’azienda produttrice di metalli, in provincia di Salerno, i quali, oltre a non aver più accesso ad alcun dato, hanno visto sfornare dalle proprie apparecchiature strane forme metalliche, assolutamente non programmate. Quello che poteva sembrare lo scherzo di un dipendente burlone, si è trasformato nella triste certezza di essere vittima di un hacker. È bastato dare uno sguardo agli schermi dei computer per rendersi conto che il “ransomware”, oltre ad essere penetrato nel ciclo di produzione, aveva oscurato completamente i documenti. E puntuale arriva la richiesta di riscatto: pagare in bitcoin (modo veloce e soprattutto anonimo per incassare) 4.000 euro, che però i titolari hanno scelto di non saldare. Il danno è stato quantificato in circa 10.000 euro: si è reso necessario anche reinstallare i software di produzione, in precedenza alterati. Leggi l'articolo completo su
Il Mattino