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«La camorra l’ho sempre combattuta, ho fatto acquisire i beni al patrimonio comunale, come il fondo Nappo, chiesto certificati Antimafia a chi voleva lavorare per il Comune. Non ho mai avuto rapporti nè richieste dai Ridosso, sono altri ad avere rapporti con certe persone, quelli che mi accusano». È durato circa tre ore l’esame dell’ex sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti. Due giorni fa, ha fornito la sua versione dei fatti al pubblico ministero della Dda, Rocco Alfano, nel processo Sarastra, dove insieme alla moglie Monica Paolino risponde di scambio elettorale politico mafioso. Con lui sono imputati il fratello Nello, l’ex staffista Giovanni Cozzolino, l’ex vicepresidente dell’Acse, Ciro Petrucci, Andrea Ridosso e l’ex consigliere comunale Roberto Barchiesi.
Per l’accusa, l’ex sindaco avrebbe stretto un patto con il clan Loreto-Ridosso per le elezioni amministrative del 2013 a Scafati e le regionali del 2015.
Aliberti confessa poi di aver svolto anche un suo approfondimento su quanto emerso da indagini e processo: «La gran parte delle cose che ho letto non le conoscevo, ho dovuto ricostruire tutto, rapporti, incontri, non avete idea di quante persone incontravo ogni giorno da sindaco». Il contro esame della difesa è previsto per dicembre, dopo sarà la volta dei restanti testimoni. Al termine della lunga udienza, l’ex sindaco ha confessato agli amici, attraverso i suoi profili social, che quella di mercoledì «È stata la giornata più difficile della mia vita, ho trovato dentro la forza di un leone ma ho sentito sulla pelle le carezze di chi mi porta davvero nel cuore».
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